Estero

I segreti del Gruppo Wagner, i mercenari di Putin

Sono ovunque la Russia abbia interessi, dalla Siria all’Africa, e il loro ruolo è decisivo in Ucraina, dove Mosca non può esporsi. L’Ue prova a fermarli

Membri del gruppo paramilitare russo in Ucraina (Keystone)
15 dicembre 2021
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Non esistono, ma sono dappertutto. Non sono un vero esercito, ma combattono guerre, e spesso le vincono. Ufficialmente non si sa cosa facciano e per conto di chi, eppure l’Unione europea li sanziona.

Il Gruppo Wagner sembra un ensemble tedesco, ma la sua musica preferita esce da armi russe. Sono pericolosi perché mercenari, cani sciolti. Lavorano e poi chiedono la parcella, come un medico o un avvocato, ma per lavoro uccidono. Sono il modo che Mosca ha di occupare il complicato Risiko del XXI secolo, senza mettere i suoi carri armati sul tavolo. Una strategia che sembra una foglia di fico, eppure finora era bastata per coprire operazioni giganti in terreni scivolosi. Il Gruppo Wagner ha operato o opera praticamente ovunque ci sia un conflitto o tiri una brutta aria. Ovviamente in Ucraina, dove sono impegnati nel conteso Donbass. Fin dall’inizio si sente parlare di paramilitari russi: sono loro. Ma hanno avuto un ruolo decisivo nella guerra allo Stato Islamico in Siria, e l’Africa ormai è casa loro: Libia, Ciad, Mozambico, Repubblica Centrafricana, Mali. Si dice che abbiano venti sedi sparse per il continente. Non c’è guerra che non abbia un prezzo e non c’è prezzo che non convinca almeno un manipolo dei loro uomini a muoversi.


Foto di gruppo (Wikimedia)

Le sanzioni di Bruxelles

Del Gruppo Wagner si sa poco, eppure abbastanza: si sa che non si muovono solo e sempre per conto del Cremlino, ma se il Cremlino chiama, loro rispondono. Anche perché tra i finanziatori c’è un oligarca molto vicino a Putin, Yevgeny Prigozhin, nel mirino di Bruxelles e con addosso una taglia dell’Fbi, che l’accusa di “coinvolgimento in una cospirazione per defraudare gli Stati Uniti, al fine di interferire con il suo sistema politico”.

Se Prigozhyn è l’uomo che tiene la cassa nelle retrovie, il fondatore Dmitri Utkin è il bersaglio mobile, quello più esposto. Dopo una carriera iniziata nell’intelligence sovietica e continuata in quella russa, si è ufficialmente ritirato dalla vita militare nel 2013, ma non hai mai deposto le armi, né perso la voglia di gettarsi nella mischia. Nel 2014 era a Lugansk a combattere contro un pezzo di se stesso, visto che faceva la guerra agli ucraini, e lui - sebbene da sovietico - in Ucraina è nato, nel 1970. Utkin ha scelto il nome Wagner per omaggiare il Terzo Reich, visto che - suo malgrado (visto che morì 50 anni prima che il Führer andasse al potere) - il compositore tedesco era nell’Olimpo dei nazisti. Insomma, il quadro è presto fatto: sono sfocati i contorni, non il cuore.


Il Gruppo Wagner si è espanso molto in Africa (Keystone)

Come funziona

Utkin e i suoi collaboratori scelgono tra gli ex militari di carriera, a cui fanno firmare un accordo di riservatezza di almeno dieci anni, c’è chi dice a vita, che può essere tanto oppure pochissimo, a seconda di chi impallina chi. Il loro compito nei più disparati scenari di guerra dovrebbe fermarsi all’addestramento e alla fornitura di equipaggiamento e supporto logistico: militari esperti che mettono a disposizione le loro conoscenze in cambio di denaro. Ma chi li ha visti in azione parla di uomini senza scrupoli che possono mettere in pratica tutto il manuale del guerriero 2.0: operazioni di intelligence e sabotaggio, blitz, conflitti lampo e guerre di posizione.

Quanti siano davvero non si sa: i mercenari, in quanto tali, si spostano, si danno al miglior offerente. Si dice che ai tempi del conflitto nel Donbass gli affiliati al Gruppo Wagner fossero 3-4 mila. Non un gruppetto di facinorosi, ma un esercito vero e proprio, con una spiccata preferenza per i combattenti slavi. Non a caso, quel che poco che si sa dell’organigramma si deve proprio a episodi collegati a miliziani serbi: ma come tutte le aziende che devono essere ovunque, eppure sfuggenti, la galassia del Gruppo Wagner è ben più ramificata di quanto non possa far credere la vicinanza con Putin. La società pare sia registrata in Argentina e gli ordini possono partire indifferentemente dal Lesotho, da Hong Kong o dallo Zimbabwe. Di certo, quando partono da Mosca hanno la precedenza.


Ai mercenari viene fatto firmare un accordo di segretezza (Keystone)

Il Cremlino al contrattacco

Il collegamento è talmente diretto che, l’Europa, sempre attenta a pestare i piedi a Putin solo quando non ne può proprio fare a meno, ha approvato all’unanimità un pacchetto di sanzioni per i mercenari della Wagner dopo che si è alzata la temperatura in Ucraina, dove la controparte - lì tutt’altro che fantasma, è la Russia –. Il passo successivo è un pacchetto di sanzioni direttamente alla Russia in caso di offensiva, che questa abbia gli stemmi degli eredi dell’Armata Rossa o non ne abbia nessuno. “Qualsiasi aggressione contro avrà un costo elevato per la Russia", ha fatto sapere Bruxelles. E la Russia, dopo nemmeno 24 ore, aveva già risposto, condannando le sanzioni contro il gruppo Wagner, e accusando l’Occidente, Stati Uniti compresi, di "isteria”.

Una volta per capire trame e intrecci complessi da sciogliere, che fossero omicidi, fatti di mafia, segreti di Stato, congiure internazionali, si usava sempre lo stesso metodo: “segui i soldi” (“follow the money”). Per capire gli interessi geostrategici dei russi si fa la stessa cosa, si corre dietro ai mercenari, che corrono dietro ai soldi.

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