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Moglie indagata per caporalato, il prefetto si dimette

Braccianti africani costretti a lavorare per pochi euro dalla mattina alla sera nelle campagne in condizioni igieniche e di sicurezza precarie

Bracciante al lavoro (Croce Rossa Italiana)
10 dicembre 2021
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Braccianti africani costretti a lavorare per pochi euro dalla mattina alla sera nelle campagne foggiane, in condizioni igieniche e di sicurezza precarie. Una storia di ordinario sfruttamento se tra gli indagati non ci fosse Rosalba Livrerio Bisceglia, moglie del capo Dipartimento Libertà civili e immigrazione del Viminale, Michele di Bari. Appresa la notizia, il prefetto - non coinvolto nell’inchiesta - rassegna subito le dimissioni. Difficile rimanere un minuto in più nel palazzo che ha visto l’insediamento, neanche due mesi fa, della Consulta contro il caporalato, presieduta dall’ex ministro Roberto Maroni.

L’imbarazzo

Il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, accetta le dimissioni e finisce nuovamente nel mirino di Lega e FdI. Teatro della vicenda il ghetto di Borgo Mezzanone (Foggia), serbatoio della manodopera africana, sfruttata a volte fino a forme di schiavismo, che si spezza la schiena a 5 euro l’ora per raccogliere pomodori, olive, frutta. E tra gli sfruttatori - secondo il gip di Foggia, Margherita Grippo - c’è anche Livrerio Bisceglia, titolare, insieme alle due sorelle (non coinvolte nell’inchiesta), dell’Azienda agricola Bisceglie, a Mattinata, costa meridionale del Gargano. La donna, si legge nell’ordinanza, “è consapevole delle modalità delle condotte di reclutamento e sfruttamento". Lei nega: "saprò dimostrare con carte alla mano la mia assoluta innocenza”.

Il prefetto di Bari, da parte sua, si dice “dispiaciuto moltissimo per mia moglie che ha sempre assunto comportamenti improntati al rispetto della legalità, nutre completa fiducia nella magistratura ed è certa della sua totale estraneità ai fatti contestati". Dall‘indagine ’Terra rossa’, coordinata dalla procura di Foggia e condotta dai Carabinieri, emerge, spiegano i militari, come "caporali, titolari e/o soci delle aziende avevano messo in piedi un apparato ’quasi perfetto’, che andava dall’individuazione della forza lavoro per la lavorazione dei campi, al reclutamento della stessa, fino al sistema di pagamento”. Due dei 16 indagati sono stati arrestati: il gambiano Bakary Saidy ed il senegalese Kalifa Bayo, i ‘caporali’ che reclutavano i braccianti nella baraccopoli, li trasportavano sui campi (anche mettendoli nel cofano di un’auto), li controllavano e pagavano.

I dettagli

Per altri tre, tutti italiani, disposti gli arresti domiciliari. Obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria per ulteriori 11, tra i quali Livrerio Bisceglia. Dieci le aziende coinvolte nell’inchiesta, per un giro d’affari complessivo di 5 milioni di euro. La moglie del prefetto, insieme alle due sorelle, gestisce una di queste: l’Azienda agricola Bisceglia, nel cuore del Parco nazionale del Gargano; produce olio, ma anche frutta e dispone di un agriturismo. “Uliveti e frutteti sorgono intorno alla nostra masseria dal 1857. Oggi ci siamo noi a sfiorare quei frutti con le mani”, scrive sul sito una delle sorelle. Se le proprietarie li sfiorano, sono però i braccianti a raccoglierli. E non in modo regolare secondo gli investigatori.

La donna, per il gip, impiegava sulle sue terre “decine di lavoratori di varie etnie, sottoponendoli alle condizioni di sfruttamento“ desumibili "anche dalle condizioni di lavoro (retributive, di igiene, di sicurezza, di salubrità del luogo di lavoro) e approfittando del loro stato di bisogno derivante dalle condizioni di vita precarie”. E trattava direttamente con Saidy, comunicandogli "il numero di lavoratori necessari”, che venivano pagati 5,70 euro l’ora e non oltre i 35 euro, somma “palesemente difforme” dalle tabelle del contratto nazionale.

Nell’azienda veniva anche violata la normativa relativa all’orario di lavoro e ai periodi di riposo, nonché quella sulla sicurezza sul lavoro. Livrerio Bisceglia respinge le accuse. “La nostra è un’azienda che fa agricoltura da generazioni. Sono assolutamente serena per l’accaduto. Saprò dimostrare con carte alla mano la mia assoluta innocenza. Ho sempre pagato regolarmente con bonifici bancari”. Si vedrà come proseguirà la vicenda giudiziaria.

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