Est Europa

Bosnia, il timore di una secessione si fa sempre più forte

Venerdì ci sarà una riunione straordinaria del parlamento della Republika Srpska, l’entità del Paese a maggioranza serba

(Keystone)
8 dicembre 2021
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In Bosnia-Erzegovina sale pericolosamente la tensione in vista della sessione straordinaria del parlamento della Republika Srpska, l’entità del Paese a maggioranza serba, che venerdì si riunirà per esaminare il ripristino a favore dell’entità di una serie di prerogative e competenze in materia di difesa, sicurezza, fisco e amministrazione.

Si tratta di competenze che, secondo il leader serbo-bosniaco Milorad Dodik, sono state usurpate in modo illegittimo dallo stato centrale bosniaco.

Nell’agenda della seduta vi è anche la decisione di Dodik di cancellare decine di leggi e provvedimenti ritenuti illegittimi, molti dei quali emanati negli ultimi anni dall’Alto rappresentante internazionale in Bosnia-Erzegovina, figura del quale il leader serbo-bosniaco non riconosce la legittimità.

L’ultima di tali leggi contestate è quella che vieta la negazione del genocidio di Srebrenica e la glorificazione dei criminali di guerra, imposta lo scorso luglio da Valentin Inzko alla scadenza del suo mandato di Alto rappresentante internazionale in Bosnia-Erzegovina.

La comunità internazionale teme che le crescenti aspirazioni autonomistiche di Dodik sfocino rapidamente in una vera e propria secessione della Republika Srpska dallo stato bosniaco. Oggi il Comitato esecutivo del Consiglio per l’attuazione della pace in Bosnia, (Pic, Peace Implementation Council) ha lanciato un avvertimento a Dodik, ammonendolo a non compiere atti unilaterali poiché in tal caso subirà delle conseguenze.

Alla riunione di due giorni dei direttori politici non hanno preso parte i rappresentanti della Russia, seppure invitati, dal momento che Mosca non riconosce la legittimità di Christian Schmidt, successore di Inzko, quale Alto rappresentante internazionale.

I direttori politici del Pic ancora una volta hanno riaffermato che l’Accordo di pace di Dayton, che nel 1995 pose fine alla guerra civile, continua a rappresentare il fondamento per una Bosnia stabile, sicura e prospera e hanno invitato tutti a rispettare l’Accordo di pace con tutti i suoi annessi.

Il Pic ha ribadito che le entità non hanno il diritto di secessione dallo stato centrale a Sarajevo, e che esistono legalmente solo in base alla Costituzione della Bosnia. L’organismo ha inoltre espresso pieno appoggio all’Alto rappresentante, il tedesco Christian Schmidt, che Dodik non riconosce in quanto non è stato nominato dal Consiglio di sicurezza dell’Onu.

Schmidt, come altri rappresentanti della Comunità internazionale, è particolarmente preoccupato anche per la profonda crisi economica in cui versa il Paese a causa del boicottaggio e del blocco politico-istituzionale attuato dalla componente serbo-bosniaca, con la conseguente mancanza di fiducia e investimenti, e preoccupazione al riguardo hanno espresso sia il Fondo monetario internazionale che la Banca mondiale.

Nonostante ciò, Dodik continua deciso per la sua strada e conferma per venerdì prossimo la seduta del Parlamento dell’entità nella quale si parlerà dell’abolizione delle leggi ritenute illegittime per il loro trasferimento dall’entità allo stato centrale. A cominciare da quelle su Difesa, magistratura e tassazione indiretta. E il 10 dicembre per la seduta del Parlamento serbo-bosniaco, ha osservato Dodik, è stato scelto perché in quella stessa data nel 1997 fu deciso di conferire poteri speciali all’Alto rappresentante internazionale.

Alla pericolosità di una escalation di tensione nel Paese si è riferito il membro bosgnacco musulmano della presidenza tripartita bosniaca Sefik Dzaferovic. Al termine di un colloquio oggi a Sarajevo con l’inviato speciale Usa per i Balcani occidentali, Gabriel Escobar, Dzaferovic ha detto che quella di Dodik non è la strada che deve percorrere la Bosnia-Erzegovina. Da parte sua Bakir Izetbegovic, leader dell’Sda, maggiore partito musulmano del Paese, ha annunciato che tutte le decisioni che saranno adottate venerdì dal parlamento serbo-bosniaco verranno annullate dalla Corte costituzionale bosniaca.

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