Estero

Il summit Biden-Xi parte male: gelo su Taiwan

L‘ira di Pechino a poche ore dall’incontro: ’Gli Stati Uniti sbagliano, esiste una sola Cina’

Joe Biden e Xi Jinping (Keystone)
15 novembre 2021
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Joe Biden e Xi Jinping nella notte italiana tornano a parlarsi e a guardarsi negli occhi, seppur in un faccia a faccia virtuale che lascia poco spazio a quelle deviazioni dal protocollo che spesso contribuiscono a rompere il ghiaccio e a creare maggiore empatia. Ad aiutare i due leader, costretti a interloquire tramite gli interpreti, è però il rapporto di vecchia data che li lega, cementato nel tempo grazie a una lunga frequentazione e alle lunghe chiacchierate quando entrambi ricoprivano la carica di vicepresidente, Biden con Barack Obama, Xi con Hu Jintao.

Clima cambiato

Oggi il clima è ben diverso, con le relazioni tra Stati Uniti e Cina ridotte ai minimi termini come non accadeva da decenni. E un sostanziale gelo sulla questione di Taiwan, che per Pechino rischia di mettere in discussione il mantra della politica di ‘Una sola Cina’. “Quelle di Blinken sono parole sbagliate”, l’affondo di Pechino alla vigilia del summit, dopo che il segretario di Stato Usa era tornato a sostenere le posizioni di Taipei.

Se dunque Obama tentò invano di aprire con Xi una nuova era di relazioni - sembra passato un secolo da quando si parlava di un G2 a guidare il mondo - nei quattro anni di Donald Trump e nei primi mesi di Biden si è passati concretamente al rischio di un vero e proprio conflitto tra le due superpotenze. Per questo il vero obiettivo del colloquio tra Biden e Xi è solo uno: evitare che la fortissima competizione politica ed economica porti a conseguenze non volute, dunque stabilizzare i rapporti sull’asse Washington-Pechino. Questo ristabilendo una linea diretta tra i due presidenti e impegnandosi a risolvere col dialogo e con le armi della diplomazia tutte le incomprensioni e le tensioni sul fronte della comunicazione. Per fare questo in oltre tre ore di confronto “franco e schietto” i due leader si trovano a elencare tutte le criticità esistenti.

Diritti umani

Biden per sollevare la questione degli abusi dei diritti umani nello Xinjiang e ad Hong Kong, quella della cyber sicurezza, quella della militarizzazione del Mar del Sud della Cina che mette a rischio gli alleati Usa nella regione, e soprattutto le minacce di aggressione nei confronti di Taiwan. Xi per denunciare le interferenze Usa negli affari interni della Cina, il mantenimento dei dazi di Trump sul made in China, la vendita di sottomarini all’Australia e il tentativo di Washington di organizzare una sorta di Nato del Pacifico.

Sullo sfondo però la vera sfida, quella che ormai da anni vede la Cina pronta a detronizzare gli Stati Uniti come prima potenza mondiale, missione che Xi vuole portare a termine forte dei suoi poteri mai così ampi per un presidente cinese dai tempi di Mao Zedong e di Deng Xiaoping.

Gli altri dossier

In secondo piano per ora altri dossier che pure sono di primissimo piano in questa fase, come quello del malfunzionamento della catena della distribuzione di merci e forniture a causa della pandemia che sta provocando un rallentamento della ripresa dell’economia mondiale. Biden e Xi però confidano che il dialogo, una volta ripartito, possa svilupparsi sul modello di quanto fatto sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici dove, dopo mesi di confronto, Stati Uniti e Cina hanno raggiunto un accordo sul taglio delle emissioni di gas serra annunciato nell’ambito della Conferenza sul clima delle Nazioni Unite a Glasgow. Forse l’unica buona notizia del vertice.

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