Estero

Informò sul suicidio assistito in Svizzera, assolto in Italia

Emilio Coveri, presidente di Exit-Italia, aveva fornito a una donna affetta da grave depressione le informazioni che le servivano per decidere o meno

(Keystone)
10 novembre 2021
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La Giudice dell’udienza preliminare (Gup) di Catania, Marina Rizza, ha assolto, con la formula ‘perché il fatto non sussiste’, Emilio Coveri, presidente dell’associazione Exit-Italia, a conclusione del processo col rito abbreviato per istigazione al suicidio per il ricorso all’eutanasia nel 2019 in Svizzera di una 47enne della provincia etnea.

La Procura, che aveva chiesto la condanna a tre anni e quattro mesi di reclusione, valuterà se appellare la sentenza dopo il deposito delle motivazioni, previsto entro i prossimi 90 giorni. Nel procedimento si erano costituite come parti civili la madre, la sorella e tre fratelli della donna.

Suicidio assistito in Svizzera

Al centro del processo il ricorso all’eutanasia il 27 marzo 2019 in una clinica svizzera di una 47enne della provincia etnea che non era malata terminale, ma che da tempo soffriva di una grave forma di depressione.

Secondo la Procura, che ha coordinato le indagini di carabinieri e polizia postale, Coveri “determinava o comunque rafforzava il proposito suicida” della donna, poi avvenuto con l’eutanasia in una clinica di Zurigo. Avrebbe anche “indotto la donna” che “soffriva di depressione e sindrome di Eagle a iscriversi all’associazione Exit” e tenuto “condotte accompagnate da sollecitazioni e argomentazioni in ordine alla legittimità anche etica della scelta” del suicidio assistito.

“La signora – ha sempre sostenuto Coveri – era una nostra associata e le abbiamo semplicemente fornito, su sua richiesta, le informazioni che le servivano per prendere una decisione. Una procedura normale”.

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