Estero

Al G20 intesa sul clima appesa a un filo, la Cina non cede

Xi Jinping non accetta il 2050 per azzerare emissioni: ‘Serve più tempo’. Gli esperti: senza azioni urgenti a rischio almeno il 4% del Pil.

Biden, un americano a Roma
(Keystone)
29 ottobre 2021
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Roma – Un accordo al G20 sul tema più divisivo, quello della lotta al cambiamento climatico, non è ancora stato raggiunto, perché il gigante cinese non vuole saperne di accorciare i tempi per azzerare le emissioni. Non è escluso, a questo punto, che le trattative andranno avanti fino all’ultimo momento disponibile per arrivare al summit dei leader a Roma con un documento condiviso. Con il rischio sempre più concreto di un compromesso al ribasso.

Un accordo al G20 sui gas serra sarebbe il miglior viatico in vista della conferenza sul clima in programma a Glasgow da domenica. Tutti e 20 i Paesi, leggendo le bozze che circolano, si vogliono impegnare per contenere il surriscaldamento del pianeta sotto la soglia di 1,5 gradi. Nel confronto su come arrivarci, però, si ripropone la contrapposizione tra le grandi economie occidentali (Usa e Ue spendono 25 miliardi l’anno per la transizione ecologica) e i cosiddetti Paesi emergenti, come Cina, India e Russia e Arabia Saudita, che si nutrono quasi esclusivamente di combustili fossili.

Russia, Cina e India puntano i piedi

La data chiave è il 2050, che Ue e Usa indicano come ultima linea per azzerare le emissioni, mentre Pechino (che prevede il picco nel 2030) guida il fronte di chi sposta l’obiettivo dieci anni più in là. Lo ha chiarito direttamente Xi Jinping parlando con il premier britannico Boris Johnson: il raggiungimento del picco delle emissioni e della neutralità carbonica comporteranno un “ampio e profondo cambiamento economico e sociale“, che sarà fatto "passo dopo passo”, con gradualità.

Il carbone che la Cina continua a estrarre dalle sue miniere, in quantità crescenti, è ancora considerato vitale per la propria economia, soprattutto in questa fase di crisi energetica globale. Lo stesso vale per la Russia con i suoi giacimenti di gas. Da questo punto di vista, la mancata partecipazione in presenza di Xi e Vladimir Putin al vertice di Roma (interverranno in video) è forse un segnale che i due leader vogliano evitare di finire accerchiati. Anche l’India però, il terzo paese inquinatore al mondo, punta il dito sulle emissioni degli occidentali.

Il costo dell’inerzia

In questa fase, con il summit ormai alle porte, un compromesso a cui si lavora è che i leader del G20 si impegnino ad “eliminare gradualmente e razionalizzare” i sussidi ai combustibili fossili entro il 2025 ed evitare di costruire nuove centrali a carbone. Ma "tenendo conto delle circostanze nazionali”. Quindi, di fatto, si continuerà a proseguire in ordine sparso.

Calcoli alla mano, nello scenario peggiore – cioè senza azioni urgenti per ridurre le emissioni di carbonio – le perdite di Pil dovute ai danni climatici nei paesi del G20 saliranno ad almeno il 4% annuo entro il 2050 e possono spingersi oltre l‘8% entro il 2100, equivalente al doppio delle perdite economiche del blocco dovute al Covid-19. Sono alcuni dati contenuti nell’‘Atlante dei rischi climatici del G20. Impacts, policy, economics’, il primo studio approfondito del genere, realizzato dalla Fondazione Cmcc (Centro euro mediterraneo sui cambiamenti climatici), che ha messo a fuoco la situazione di ciascuno dei Paesi del G20.

Vaccinazione, obiettivo 70% entro metà 2022

Sul fronte della lotta al Covid, al contrario, i grandi della Terra sono tutti d’accordo che la chiave per la fine della pandemia e per la ripresa economica su scala globale sia la vaccinazione di massa. Il G20 si è posto come obiettivo almeno il 40% della popolazione mondiale entro fine 2021, e il 70% entro metà 2022, come raccomandato dall’Oms, attraverso "misure per spingere le forniture di vaccini e dei prodotti medici essenziali”. E fonti vicine al dossier hanno riferito che l’impegno per metà 2022 rappresenta un passo avanti rispetto alla tempistica più ampia indicata fino a poco tempo fa.

Una ripresa economica più omogenea a livello planetario passa anche da un maggior contributo delle multinazionali. Il meccanismo concordato al G20 è la cosiddetta Global Minimum Tax, che prevede un’aliquota minima del 15% in qualunque Paese i colossi aziendali operino. "Una decisione di importanza storica”, ha sottolineato il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni.

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