norvegia

Due sopravvissuti alla strage di Utøya diventano ministri

L’annuncio del nuovo premier a meno di 24 ore dall’assalto con arco e frecce a Kongsberg, dove un danese convertito all’Islam ha ucciso 5 persone.

Anders Behring Breivik, il killer di Utoya (Keystone)
14 ottobre 2021
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C’è un libro che si intitola “22 luglio e tutti i giorni dopo”. Racconta la strage di Utøya del 22 luglio 2011 attraverso gli occhi e le parole di Tonje Brenna, una delle scampate alla lucida follia di Anders Behring Breivik, che aprì il fuoco sull’isola norvegese dove si teneva un incontro dei giovani laburisti, uccidendo 69 persone. Poco prima di dirigersi a Utøya, che fino a quel momento era solo un’isola tra tante e oggi è simbolo di un massacro, Breivik aveva fatto saltare in aria altre otto persone con una bomba piazzata davanti alla sede del governo a Oslo.

In uno di quei giorni dopo, oltre dieci anni dopo, un uomo armato di arco e frecce per le strade della città di Kongsberg, a 80 chilometri da Oslo, ha ucciso cinque persone, riportando alla mente di tutti quel 22 luglio e facendo temere alla Norvegia una strage delle stesse proporzioni.

Il giorno dopo ancora, ieri, Tonje Brenna - 34 anni fra una settimana esatta - è diventata ministra dell’Istruzione del nuovo governo laburista, lasciando ancora una volta fortemente intrecciati paura e speranza, ricordando come il dramma di Utøya sia inscindibile dalla sua storia, da quella del partito laburista e da quella della Norvegia tutta.


Tonje Brenna, nuovo ministro norvegese dell’istruzione (Keystone)

Insieme a lei, nell’esecutivo guidato dal neopremier Jonas Gahr Store (con una maggioranza di donne, dieci su un totale di 19 ministeri), c’è un altro sopravvissuto, Jan Christian Vestre, 35 anni, nominato ministro del Commercio e dell’Industria. Vestre era a Utøya in veste di dirigente dell’Auf, la Lega dei Giovani Lavoratori: per salvarsi camminò per oltre un’ora sugli scogli in mezzo al sangue e alle urla dei suoi compagni. Lì per lì giurò a se stesso che non sarebbe mai più tornato, due anni dopo è diventato il presidente del consiglio per la ricostruzione di Utøya negli anni 2013-2017.

Intervistato dal magazine Teknisk Ukeblad aveva detto: “Utøya farà per sempre parte della mia vita. È ancora difficile descrivere l’intensa paura che abbiamo provato, fare i conti con l’assenza di senso di tutto ciò che è accaduto e abbiamo perso e con il senso di ingiustizia dettato dal fatto che sia stato il caso a decidere chi di noi potesse salvarsi e chi no. Sono profondamente grato di aver potuto contribuire, insieme a molti altri, alla ricostruzione di Utøya. È diventato un centro per combattere l’incitamento all’odio, la xenofobia, l’estremismo e la violenza. Migliaia di scolari visitano Utøya ogni anno per conoscere la democrazia e i diritti umani. C’è qualcosa di molto bello in tutto questo”.

Il dolore si è ripresentato alla porta di Vestre l’anno dopo quando il padre è morto di cancro a 64 anni. Era presidente della Vestre, un’azienda di mobili per arredo urbano famosa in tutto il mondo (le loro creazioni oggi sono anche a Times Square) e creata dal nonno, che l’aveva avviata in un magazzino con pochi mezzi e una scritta diventata un mantra di famiglia: “Tutto è possibile per Nostro Signore e per un meccanico”. A 26 anni, un anno dopo essersi trovato sotto il fuoco di Breivik, Jan Christian ha ereditato la Vestre senza mai perdere d’occhio la politica, ricoprendo il ruolo di consulente dell’ex ministro del Commercio, ora toccherà a lui.


Breivik in azione durante la strage di Utoya (Keystone)

Nelle stesse ora in cui veniva presentato il governo, la polizia di Kongsberg stava ancora scandagliando la città in cerca di feriti, prove e dettagli in grado di capire il confine tra follia e terrorismo nelle gesta di Espen Andersen Brathen, danese di 37 anni convertito all’Islam. È in strada armato di arco, faretra e frecce per prendere di mira i passanti con spietata precisione, uccidendone cinque (quattro donne e un uomo) e ferendone altri tre, tutti di età compresa tra i 50 e i 70 anni.

“Siamo inorriditi dai tragici eventi di Kongsberg”, ha detto re Harald V riassumendo il sentimento generale e rievocando i fantasmi di Utøya. Apparentemente, il killer entrato in azione ieri sembra però molto diverso da Breivik. Di certo, si tratta di una persona ben nota alla polizia. I servizi di sicurezza lo avevano già seguito nel 2020. Poi era di fatto uscito dai radar perché non c’erano state più segnalazioni su di lui. In passato era stato fermato diverse volte per reati che vanno dal furto con scasso al traffico di piccole quantità di stupefacenti, fino a minacce aggravate ai suoi stessi genitori, ai quali dopo una lite aveva lasciato in casa un revolver sul divano, in un atto di intimidazione tale da fargli ricevere un ordine restrittivo.

Alcuni suoi vicini interpellati dai giornali locali lo descrivono come un tipo chiuso, che passava ore in giardino a praticare arti marziali, anche d’inverno. Un tipo che “non sorride mai, ti fissa e basta”. Almeno non salutava sempre.


Il memoriale della strage di Kongsberg (Keystone)

Un suo amico d’infanzia, intervistato dalla tv Nrk, ha detto di averlo segnalato più volte alla polizia ritenendolo malato e bisognoso di aiuto. Il sito del quotidiano Aftenposten scrive di aver avuto accesso a un profilo Facebook, ora chiuso, in cui Brathen appare con un nome diverso. Nei video guarda nella telecamera e dice: “Sono un messaggero. Vengo con un avvertimento. È davvero quello che vuoi?. Per tutti coloro che vogliono essere in pace con se stessi, è giunto il momento: testimonio che sono un musulmano”. Il video si troverebbe anche su YouTube. L’uomo, arrestato dopo un inseguimento, dovrà ora essere sottoposto a una perizia psichiatrica.

L’annuncio del nuovo governo, arrivato nemmeno 24 ore dopo la strage, chiude idealmente un cerchio lungo oltre dieci anni. Jan Christian Vestre, il neoministro scampato a Breivik, è un ammiratore di Samuel Eyde, ingegnere e scienziato norvegese di cui cita spesso una frase: “Dove c’è una volontà, c’è anche una strada”.

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