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Minaccia talebana: ‘Ondata di profughi se restano le sanzioni’

‘Bisogna permettere alle banche di operare, in modo che i gruppi caritatevoli, le organizzazioni e il governo possano pagare gli stipendi’

Rifugiati afghani in New Jersey
(Keystone)
13 ottobre 2021
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“Indebolire il governo afghano” con le sanzioni “non è nell’interesse di nessuno, perché gli effetti negativi toccherebbero direttamente il mondo nell’ambito della sicurezza e delle migrazioni economiche dal Paese”.

Dopo il G20 straordinario presieduto dall’Italia, che ha dato mandato all’Onu per agire sul terreno a sostegno della popolazione ed escluso il riconoscimento del governo di Kabul, dai talebani arriva il ricatto all’Occidente sul possibile arrivo di ondate di profughi se non avranno le risorse per tenere in piedi l’Afghanistan. Un rischio che sin dall’inizio della crisi è in cima alla lista delle preoccupazioni della comunità internazionale.

“Invitiamo i Paesi del mondo a porre fine alle sanzioni esistenti e a permettere alle banche di operare normalmente, in modo che i gruppi caritatevoli, le organizzazioni e il governo possano pagare gli stipendi ai propri dipendenti con le proprie riserve e l’assistenza finanziaria internazionale”, ha detto il ministro degli Esteri talebano, Amir Khan Muttaqi, nel suo incontro a Doha con le delegazioni di Usa e Ue, il primo in questo formato dalla presa di Kabul.

Sblocco dei fondi

Una richiesta che riguarda anche lo sblocco dei fondi della Banca centrale afghana congelati all’estero, per lo più in banche americane, che ammonterebbero a oltre 9 miliardi di dollari. Ma pur di fronte a un dialogo che entrambe le parti assicurano di voler proseguire, in questa fase una mano tesa dell’Occidente ai mullah appare improbabile.


Una tendopoli di rifugiati afghani (Keystone)

Secondo il Qatar, che sta ospitando i colloqui internazionali ed è in prima fila nel rapporto con i sedicenti studenti coranici, non esiste al momento un percorso chiaro che possa portare allo sblocco di queste risorse. E anche un eventuale riconoscimento del governo dei talebani non è da considerare al momento una priorità.

Sul terreno, con il rigido inverno afghano alle porte, resta però l’urgenza di far arrivare gli aiuti alla popolazione. Al summit di ieri, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha annunciato un impegno da un miliardo di euro nella forma di un “supporto diretto” agli afghani in difficoltà – oltre metà della popolazione secondo il Programma alimentare mondiale dell’Onu, tra cui più di 2 milioni di bambini a rischio di malnutrizione – passando attraverso le Ong e non il governo talebano. In quest’ottica, la comunità internazionale sta aumentando il pressing su Kabul per garantire la piena libertà di movimento dentro e fuori i confini del Paese agli operatori umanitari locali e stranieri.

Il prossimo vertice

Con il G20 dedicato alle spalle, e in vista di quello in presenza del 30-31 ottobre in cui la crisi afghana potrebbe tornare sul tavolo, sul piano diplomatico l’attenzione si concentra sul summit regionale previsto tra una settimana a Mosca, a cui il Cremlino ha invitato per la prima volta direttamente una delegazione dei mullah.

Al vertice parteciperanno Russia e Cina – i cui presidenti Vladimir Putin e Xi Jinping hanno disertato la riunione allargata dei Grandi, inviando i loro ministri e rappresentanti speciali – oltre all’India e agli altri grandi attori regionali esclusi ieri, Iran e Pakistan: tutti Paesi che hanno sempre mantenuto aperte le proprie rappresentanze diplomatiche a Kabul, tenendo un filo diretto con i sedicenti studenti coranici.

In cima alla loro agenda ci saranno i temi della lotta al terrorismo – lo spettro dei jihadisti uiguri per Pechino e quello delle infiltrazioni in Asia centrale per Mosca – e della ricostruzione dell’Afghanistan: questioni su cui, rispetto all’Occidente, con i mullah potranno far valere la loro linea di “non interferenza” sulle questioni interne, compresi i diritti umani e la libertà delle donne.

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