Estero

Putin si schiera con Pechino: ‘Taiwan fa parte della Cina’

Il Cremlino rinsalda l’asse con Xi per escludere l’Occidente

Putin e Xi alleati contro l’Occidente (Keystone)
12 ottobre 2021
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La Russia sulla questione di Taiwan sta con la Cina. Punto. A ricordarlo, in un momento in cui ogni parola pesa come un masso, ci ha pensato il ministro degli Esteri Serghei Lavrov. “Per noi, come per la stragrande maggioranza degli altri Paesi, l’isola appartiene alla Cina. E questa è la premessa da cui procediamo e continueremo a procedere nella nostra politica al riguardo”, ha sottolineato Lavrov. Mosca insomma sostiene spalla a spalla Pechino e perlomeno nelle questioni di politica estera coltiva la sua special relationship col Dragone.

Crisi afghana

L‘Occidente è dunque il passato. La crisi afghana ha smosso ancor di più le acque in questo senso e i tradizionali formati d’incontro a trazione euro-atlantica vengono snobbati con frequenza accelerata. Non solo la Russia dice di non aver alcun interesse a rientrare a far parte del G8 - dal quale è stata espulsa dopo l’annessione della Crimea - poiché lo ritiene un consesso “non più rappresentativo” della forze in campo nello scacchiere globale. Ora persino il G20 sembra aver perso la sua ’luccicanza’.

Assenti al G20

Al summit straordinario (online) per l’Afghanistan sia Vladimir Putin che Lavrov non hanno partecipato, e al momento ancora non è dato sapere se lo zar verrà in presenza al grande vertice di Roma. Guarda caso, è una posizione simile a quella di Xi Jinping, che non lascia la Cina da ben prima l’inizio della pandemia. Per il Cremlino, almeno ufficialmente, tutto ruota intorno alle disposizioni dei medici di Putin per quanto riguarda il rischio contagio. Il vertice con Joe Biden a Ginevra ricevette il via libera. Il G20 di Roma forse no. Resta aperto il grande gioco euroasiatico. La Russia, grazie alla sua immensità, è a pieno titolo una potenza pacifica (in senso geografico) e in quell’area vuole contare.

Il caso Aukus

Il viceministro degli Esteri russo Serghei Ryabkov, nel corso dell’incontro con il sottosegretario di Stato americano Victoria Nuland, ha espresso “preoccupazione” per il patto tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti (Aukus), specie nel quadro della “non proliferazione nucleare”, dato che l’Australia non è una potenza atomica, ha firmato impegni con l’Agenzia internazionale dell’energia atomica, e ora invece riceverà sottomarini nucleari. Ma è chiaro come la preoccupazione di Mosca vada oltre.

Sempre Ryabkov ha detto chiaro e tondo che la Russia non accetterà “qualunque forma di presenza militare statunitense nei Paesi dell’Asia centrale”. L’Afghanistan qui servirà da spartiacque. Nel cuore dell’isola mondo, per dirla con il fondatore della geopolitica Mackinder, nei piani di Mosca ci sarà spazio solo per un nuovo “multilateralismo regionale”, dove si affastellano varie sigle (l’Unione Economica Euroasiatica, l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai) che in comune hanno solo l’esclusione dell’Occidente. Oltre che la vaga ambizione di moderare l’olimpica ascesa di Pechino come potenza egemone del continente.

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