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Politkovskaya uccisa 15 anni fa, scatta la prescrizione

Condannati i killer ceceni, mai accertato il mandante politico tra mille silenzi e ombre

Una manifestazione per ricordare Anna Politkovskaya (Keystone)
7 ottobre 2021
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Anna Politkovskaya moriva 15 anni fa, uccisa con quattro colpi di pistola - uno alla testa - mentre rincasava. Giornalista coraggiosa, volto conosciuto dai russi non solo per le sue inchieste scottanti ma anche per aver fatto da mediatrice nel corso della crisi al teatro Dubrovka, dove i terroristi ceceni presero in ostaggio oltre 800 persone, divenne suo malgrado il simbolo di un’epoca. Ovvero la prima Russia di Putin, per citare il titolo del suo libro più famoso.

Le condanne

Ecco, l’anniversario porta ancor più l’amaro in bocca perché oggi scadono i termini della prescrizione e il mandante dell’omicidio potrà farla franca. Le indagini, infatti, ci furono e scattarono anche delle condanne. Nel 2014 i ceceni Rustam Makhmudov e Lom-Ali Gaitukayev furono riconosciuti dalla giuria come l’esecutore e l’organizzatore dell’omicidio di Politkovskaja e per loro scattò l’ergastolo - Gaitukaev è successivamente morto in prigione. I fratelli dell’autore materiale dell’omicidio - Ibrahim e Dzhabrail Makhmudov, che seguivano la Politkovskaya - sono stati condannati a 12 e 14 anni. Poi Dmitry Pavlyuchenkov, ex poliziotto di Mosca, colpevole di aver organizzato la sorveglianza della giornalista. Infine l’ex poliziotto Sergei Khadzhikurbanov, che fu invece indicato come l’intermediario e costretto a 20 anni di prigione.

Una girandola di sentenze che però non arrivò mai a gettare luce sul dettaglio più oscuro: chi è il mandante dell’omicidio Politkovskaya? Novaya Gazeta, il giornale indipendente per antonomasia in Russia, fondato anche grazie all’impegno di Mikhail Gorbaciov, ha lanciato l’ennesima campagna di sensibilizzazione pubblicando (su YouTube) un dettagliato documentario che ricostruisce tutta la vicenda, rivela nuovi particolari, tiene alta la bandiera della memoria. Perché l’unico modo per non far cadere la tagliola della prescrizione è che il tribunale intervenga per estendere i termini.

“L’indagine si è trascinata fino a qui come meglio poteva, perché il mandante è la politica. E, a quanto pare, la grande politica", ha scritto il vice direttore del giornale Sergei Sokolov. Il nome del presunto mandante nel documentario non c’è. Ma si sostiene che lo Stato sia a conoscenza della sua identità ed "esistono ragioni per cui non è conveniente dirlo”.

Verità non cercata

A Novaya Gazeta si sono sempre detti sicuri che il caso possa essere collegato al capo della Cecenia, Ramzan Kadyrov, e che il Cremlino, per ragioni di convenienza politica, non abbia mai voluto andare fino in fondo. Politkovskaya d’altra parte aveva concentrato la maggior parte del suo lavoro proprio sulla Cecenia, dilaniata in quegli anni dal separatismo stragista da un lato e dalla cronica violazione dei diritti umani dall’altro.

La giornalista di Novaya Gazeta era poi aspramente critica dell’operato di Putin e della direzione da lui imposta alla Russia. Il suo omicidio avvenne proprio il giorno del compleanno dello zar e questa, per molti osservatori, fu percepita come una coincidenza agghiacciante. “Si sa che i crimini in cui si nascondono dei mandanti sono sempre difficili da risolvere e che a volte ci vogliono anni”, ha commentato il portavoce di Putin Dmitry Peskov. A quanto pare 15 non sono bastati.

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