dopo il g7

Biden conferma il ritiro, i talebani bloccano gli afghani

Americani via entro il 31 agosto. Accuse dall'Onu: "Caccia all'uomo nelle case e donne discriminate". Ma il governo respinge le accuse

Un leader talebano parla a un gruppo di prigionieri appena liberati (Keystone)
24 agosto 2021
|

Joe Biden non cede al pressing del G7: le truppe Usa si ritireranno definitivamente da Kabul il 31 agosto come previsto, né un giorno di più né un giorno di meno. Sono bastati sette minuti al presidente americano per spegnere ogni velleità di rinvio da parte degli altri leader, collegati tra loro in video per l'atteso vertice presieduto dal premier britannico Boris Johnson.

Del resto, l'enorme rischio di un ulteriore deterioramento della situazione nella capitale afghana è sotto gli occhi di tutti, con il governo talebano che dopo l'ultimatum delle ultime ore ha affermato a chiare lettere che non permetterà più l'ingresso nell'aeroporto Hamid Karzai agli afghani che intendono fuggire. "Ora basta andare via. Abbiamo chiesto agli americani di non incoraggiarli, ci servono le loro competenze", le parole del portavoce della milizia islamica Zabihullah Mujahid nel corso di una conferenza stampa che con una tempistica non certo casuale ha preceduto di poco l'inizio del summit dei sette.


Un gruppo di profughi alla frontiera con il Pakistan (Keystone)

La trattativa

La decisione di sbarrare l'accesso all'aeroporto agli afghani molto probabilmente è stata anticipata dal leader dei talebani Abdul Ghani Baradar al capo della Cia Williams Burns, nella notte inviato in gran segreto a Kabul dal presidente americano per negoziare i termini della ritirata. Una mossa non senza l'ironia della storia, dato che Baradar si è trovato a giocare il ruolo di controparte del direttore della Cia 11 anni dopo che proprio la Cia americana lo aveva arrestato incarcerandolo per otto anni. L'incontro segreto, svelato dal Washington Post, è stato il faccia a faccia di più alto livello da quando i talebani hanno conquistato Kabul. Ex ambasciatore in Russia e Giordania, Burns è il diplomatico più decorato del governo Biden ed è considerato il più esperto, tuttavia i negoziati - visto il risultato - non devono aver avuto un esito positivo per Washington che ora sta accelerando i rimpatri.

Scelta sui tempi

A prevalere, infine, alla Casa Bianca come al tavolo del G7, è stata la linea imposta dai vertici civili e militari del Pentagono, contrari a un proseguimento della missione, visto anche il rischio terrorismo rappresentato dalla minaccia dell'Isis. E con oltre 5'000 marines ancora sul posto. Ma, per venire incontro alle istanze degli alleati, Biden li ha assicurati di aver chiesto sempre al Pentagono la messa a punto di piani di emergenza, pronti a scattare se per un motivo o per un altro sarà necessario restare in terra afghana anche dopo fine agosto. Cosa in realtà non del tutto peregrina (come sottolineano diversi osservatori) visto che a Kabul ci sono ancora migliaia di americani da evacuare: molti tra le 4'500 persone accalcate in aeroporto e in attesa di imbarcarsi, altri in città.

Anche se le autorità Usa non sono in grado di fare un conto preciso, escludendo d'ora in poi altre operazioni di 'salvataggio' fuori del perimetro dello scalo. Nel comunicato del G7 si prende quindi atto della situazione. Ai talebani viene chiesto di garantire "un corridoio sicuro" a tutti quelli che vorranno partire anche dopo il 31 agosto, afghani compresi. Conditio sine qua non, questa, per avviare qualunque tipo di dialogo tra l'Occidente e i nuovi governanti di Kabul, con la presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen che ha chiarito come al momento il riconoscimento del nuovo governo afghano non sia assolutamente in discussione.


Un talebano pattuglia le strade della capitale (Keystone)

Diritti umani e aiuti

Johnson ha quindi sottolineato come il G7 abbia "enormi leve" per condizionare i talebani dopo il ritiro. Talebani ai quali i sette leader inviano un chiaro monito: sarete ritenuti responsabili per tutto quello che accadrà in Afghanistan sul fronte del terrorismo e dei diritti umani, a partire da quelli delle donne e di coloro che sono nel mirino per aver collaborati negli ultimi 20 anni con le forze Usa e quelle alleate.

La necessità di dirottare sugli aiuti umanitari le risorse che erano destinate alle forze militari in Afghanistan è stata quindi sottolineata dal primo ministro italiano Mario Draghi: "L'Italia lo farà", ha detto, sottolineando come il G20 può aiutare il G7 a coinvolgere altri Paesi come Russia, Cina, Arabia Saudita, Turchia e India.

Con gli occhi del mondo puntati addosso, i talebani respingono le accuse di violenze e abusi che si moltiplicano da giorni. Ma per il momento, avvertono, "le donne devono restare a casa", senza andare al lavoro. "È per il loro bene, per impedire maltrattamenti", ha detto il portavoce Zabihullah Mujahid, assicurando che quella di impedire alle donne di lavorare è una decisione "temporanea". Ma sono rassicurazioni che convincono pochi.


Una donna col burka si dirige verso l'ambasciata pakistana a Kabul (Keystone)

Le accuse dell’Onu

L'alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani Michelle Bachelet ha rivolto un appello ai nuovi padroni di Kabul affinché rispettino diritti e libertà delle donne e delle bambine afghane, definendole una "linea rossa". E non solo. Bachelet ha infatti ricevuto notizie da "fonti attendibili" che gli islamisti stanno commettendo "esecuzioni sommarie di civili e soldati afghani" e ha chiesto al Consiglio Onu sui Diritti Umani di creare al più presto un meccanismo per monitorare da vicino le azioni dei talebani. L'Emirato islamico ovviamente nega. "Non inseguiamo nessuno, non diamo la caccia a nessuno, non ci sono stati incidenti in nessuna parte del Paese, non abbiamo nessuna lista. Noi vogliamo portare pace e sicurezza", ha detto Mujahid, che ha chiesto ancora una volta ad ambasciate e organizzazioni internazionali di restare in Afghanistan perché per loro non c'è alcun pericolo.

Intanto, mentre prosegue il dialogo per un governo inclusivo, continua lo stallo nella provincia del Panshir, dove si concentra la resistenza anti-islamisti guidata da Ahmad Massoud. "Un piccolo problema", lo ha liquidato Mujahid, che ha ribadito che i talebani non vogliono "nessun tipo di guerra o battaglia in Afghanistan. Noi cerchiamo di parlare alla popolazione del Panshir, cerchiamo di incontrarli e risolvere il problema". E l'appello è a "tornare a Kabul e convivere con noi. Non abbiate paura, abbiamo obiettivi comuni".

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE