Estero

Pace Grillo-Conte, M5S prova a ripartire

I chiarimenti davanti a una spigola al forno a Bibbona, in un ristorante vicino alla villa del comico La scissione ora è più lontana

Beppe Grillo, fondatore del Movimento 5 Stelle (Keystone)
15 luglio 2021
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Una spigola al forno nel piatto, una foto opportunity per eletti e attivisti e una battaglia sulla giustizia all'orizzonte: la "pace di Bibbona" tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo viene siglata a pranzo, in un ristorante non lontano dalla villa dell'ex comico. L'incontro risolutivo era nell'aria dopo l'accordo che, domenica, ha forse evitato la scissione del Movimento.

Ora, con il chiarimento faccia a faccia, i Cinque Stelle possono ripartire. Nelle prossime ore - comunque entro il weekend - sarà lanciata la votazione sullo Statuto e dopo i 15 giorni previsti dal regolamento per le osservazioni, gli iscritti si esprimeranno.

Nel frattempo, il patto tra Grillo e Conte amplia il raggio d'azione del secondo sulla riforma Cartabia. Mario Draghi non vuole rinvii su un provvedimento che considera cruciale in chiave Recovery. E lunedì, a Palazzo Chigi, il premier vedrà proprio Conte. Il patto di Marina di Bibbona viene siglato ad un tavolo dove nessun altro big è presente. Solo l'ex socio di Rousseau Pietro Dettori ha accesso all'incontro.

È un faccia a faccia per chiarirsi innanziutto dal punto di vista umano, quello che avviene nel ristorante Bolognese da Sauro della località tirenica. Solo quindici giorni fa il Garante e l'ex premier si mandavano di fatto "a quel Paese" in un feroce attacco incrociato. Poi i 7 saggi - con Luigi Di Maio e Roberto Fico a tenere le fila di un Movimento che andava a pezzi - hanno iniziato il delicato lavoro di ricucitura sullo Statuto preparando il terreno all'incontro chiarificatore.

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"E ora pensiamo al 2050!", scrive Grillo dal suo account Fb lanciando la foto della pace: lui in camicia a fiori e Conte in maglietta mentre parlando, sorridenti, come due vecchi amici. La foto scatena il plauso degli eletti. "Mediando si raggiunge la soluzione migliore", scrive Di Maio. "Grazie a Conte e Grillo ma anche a tutta una comunità che ora è più forte", gli fa eco il capodelegazione Stefano Patuanelli.


Giuseppe Conte, leader M5S (Keystone)

"Ora si riparte", gioiscono al Senato e alla Camera. Tutto risolto? Forse. Perché dello Statuto, al momento, nei corridoi parlamentari ancora non c'è traccia. Il ruolo di garanzia, in ogni caso, resta a Grillo che, probabilmente, sarà anche titolato a proporre i membri del nuovo Comittao di Garanzia. E resterà il "custode" dei valori del Movimento. Ma Conte, da presidente, avrà piena agibilità politica. E avrà ampi poteri non solo nella comunicazione del Movimento ma anche nella composizione dell'organigramma, composto certamente dai vicepresidenti (parrebbero tre) e dal Consiglio Nazionale.

Il nodo vicepresidenza

Per la vicepresidenza l'ex premier dovrà tenere conto delle varie "anime" del Movimento. Un nome potrebbe essere quello di Di Maio anche se il ministro degli Esteri al momento non rincorre alcuna voce a riguardo. Ci sarà, anche una quota femminile: e qui i profili in gara vanno da Chiara Appendino (che però è auto-sospesa per le vicende giudiziarie di Piazza S. Carlo) a Lucia Azzolina, fino a Paola Taverna.

In ogni caso, per Conte, la partita non sarà semplice. Gli strascichi dell'intesa in Cdm sulla giustizia hanno acuito le tensioni interne ai gruppi e allargato la divisione tra "contiani" e filo-Draghi. Difficile, tuttavia, che il M5S non provi ad alzare la testa da qui a martedì mattina, quando scade il termine per i submemendamenti. "Per il 23 in Aula non ce la faranno mai", prevede un deputato pentastellato. In commissione Giustizia, da Alfonso Bonafede in giù, sono quasi tutti pronti alla guerra.

Solo il faccia a faccia di lunedì tra Conte e Draghi potrebbe scigoliere il nodo. Con il premier che deve fare i conti anche con gli alleati del M5S, pronti a intervenire se si modificasse la riforma Cartabia per andare incontro alle richieste di Conte. Palazzo Chigi sdrammatizza il faccia a faccia che, si spiega, rientra nell'alveo degli incontri che Draghi sta avendo con tutti i capi dei partiti, che è attività naturale e sistematica. Ma un impasse sulla giustizia, per Draghi sarebbe un problema. E nell'esecutivo, non a caso, si punta all'ok alla riforma del processo penale anche senza il sì di tutto il Movimento. "Quanti sono davvero quelli che voterebbero no al ddl?", spiega, non a caso, una fonte vicina al dossier.

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