Estero

Crollo del ponte Morandi: a processo in 59

Per i pm ci fu "colpa cosciente". Buona parte degli indagati immaginava che il ponte avrebbe potuto crollare ma non fecero nulla

Il ponte subito dopo il crollo, il 14 agosto 2018 (Keystone)
25 giugno 2021
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La tragedia del ponte Morandi come quella della Val di Stava. Un disastro che parte da un errore di esecuzione e che peggiora anno dopo anno per l'immobilismo, l'incuria e gli allarmi inascoltati. Colpa cosciente per la procura di Genova che ha chiesto il rinvio a giudizio per 59 indagati, stralciando la posizione di 10 per ulteriori accertamenti investigativi.

Nelle oltre 2000 pagine trasmesse all'ufficio del giudice dell'udienza preliminare, ci sono i nomi degli ex vertici di Aspi e Spea (la controllata per le manutenzioni), dirigenti del ministero delle Infrastrutture, del Provveditorato delle opere pubbliche. Oltre alle due società. Le accuse, a vario titolo, sono omicidio colposo plurimo, omicidio stradale, omissione d'atti d'ufficio, attentato alla sicurezza dei trasporti, falso e omissione dolosa di dispositivi di sicurezza sui luoghi di lavoro. Aspi, dopo la tragedia, ha esautorato Spea affidando i controlli delle infrastrutture a società esterne di ingegneria specializzate. Inoltre ha rivoluzionato e potenziato i sistemi di Risk e controllo e prevenzione, con un nuovo management che sta portando avanti un nuovo piano industriale e la trasformazione dell'azienda.

Imputati illustri

I pm hanno chiesto il processo, tra gli altri, per l'ex amministratore delegato Giovanni Castellucci, l'ex manager Paolo Berti e l'ex direttore delle manutenzioni Michele Donferri Mitelli e per l'ex ad di Spea Antonino Galatà. "Il momento emotivamente più critico - ha detto il procuratore aggiunto Paolo D'Ovidio - è stato quello del 14 agosto 2018, quando abbiamo ricevuto la notizia. Oggi c'è la massima soddisfazione, con la consapevolezza che i miei colleghi Massimo Terrile e Walter Cotugno hanno fatto un gran lavoro, sono stati straordinari". Chi verrà condannato dovrà pagare anche le spese processuali, tra le quali una parte del software che la procura ha preso per elaborare le migliaia di file sequestrate e costato circa due milioni di euro. Il giudice dovrà ora fissare una data per l'inizio dell'udienza preliminare che, con ogni probabilità, non sarà prima di settembre. Una data che vedrà il procuratore capo Francesco Cozzi in pensione (lascia a luglio) e il colonnello Ivan Bixio, che ha guidato il primo gruppo delle fiamme gialle, trasferito a Reggio Emilia dove diventerà comandante provinciale.

Due incidenti probatori

Per i pm buona parte degli indagati immaginava che il ponte sarebbe potuto crollare ma non fecero nulla nella convinzione che il viadotto non sarebbe collassato. In buona parte un comportamento simile a quello dei responsabili della tragedia della val di Stava, in Trentino Alto Adige dove, nel 1985, morirono 268 persone.

Le richieste di rinvio a giudizio arrivano dopo tre anni di indagini, centinaia di intercettazioni, decine di escussioni di testimoni portate avanti dagli investigatori della gdf. Atti conservati in oltre duecento faldoni e 92 hard disk da due tera ciascuno. Nel corso delle indagini sono stati fatti due incidenti probatori: il primo ha fotografato i resti del viadotto al momento del crollo mentre il secondo ha stabilito le cause della tragedia.

Un lavoro certosino che ha scoperchiato, secondo l'accusa, un modus operandi del vecchio management della società: massimo risparmio per una minima spesa in modo da garantire ai soci alti dividendi. Dalla tragedia (14 agosto 2018, 43 morti) sono nate altre tre inchieste: quella sui falsi report sui viadotti, quella sulle barriere fonoassorbenti pericolose e quella sui falsi report sulle gallerie e la loro mancata messa in sicurezza.

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