Estero

Dodici condanne a morte in Egitto

Il tribunale conferma la pena: impiccagione per alcuni dirigenti dei Fratelli musulmani, illegali nel Paese dal 2013

Imputati in un processo egiziano (Keystone)
15 giugno 2021
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Dodici condanne a morte inflitte a Fratelli musulmani, tra cui due leader della confraternita in Egitto, sono state confermate da un tribunale egiziano: lo hanno riferito fonti giudiziarie.

Considerata un'organizzazione "terrorista" in Egitto dall'estate del 2013, la Confraternita dei Fratelli musulmani - dopo essere stata al potere per un anno - è stata fortemente marginalizzata da processi e altre forme di repressione. Condanna a morte ed ergastoli sono già stati inflitti a diversi suoi dirigenti e capi.

A confermare le condanne è stata la Corte di cassazione che ha anche ridotto all'ergastolo sentenze capitali inflitte ad altri 31 membri della Fratellanza in un processo relativo alla strage del 2013 perpetrata da forze di sicurezza per disperdere un sit-in islamista, ha precisato una fonte giudiziaria all'agenzia di stampa italiana Ansa.

Fra i condannati spiccano l'ex-deputato Mohamed Beltagy e l'imam-predicatore tv Safwat Hegazi al bando anche in Gran Bretagna, ha aggiunto la fonte.

Accuse pesanti

Le 12 condanne all'impiccagione sono state confermate per "aver armato bande criminali che hanno attaccato residenti e resistito a poliziotti, nonché per possesso di armi da fuoco e munizioni" e di "materiale per fabbricare bombe", ha affermato il tribunale nella sentenza. Altre accuse includono "uccisione di poliziotti", "resistenza alle autorità" e "occupazione e distruzione di proprietà pubbliche".

Le sentenze sono definitive e inappellabili, ha ricordato una fonte giudiziaria all'agenzia di stampa francese Afp. L'ex presidente egiziano Mohamed Morsi, capo dell'ala politica dei Fratelli musulmani, era stato al potere per un anno prima di essere estromesso dai militari nel 2013.

Gruppo fuorilegge

Le autorità egiziane hanno messo fuorilegge il gruppo islamista nel dicembre di quello stesso anno e hanno compiuto un'ampia repressione che ha portato in carcere migliaia di persone.

Il caso giudiziario terminato oggi contava oltre 600 imputati ed è conosciuto come "lo sgombero di Rabaa". La piazza Rabaa Al-Adawiya, nella parte orientale del Cairo, assieme a quella di Nahda sulla sponda ovest, era stata il luogo di un massiccio sit-in islamista che chiedeva il ritorno di Morsi dopo la sua cacciata. Le forze di sicurezza fecero irruzione uccidendo centinaia di persone in un solo giorno nell'agosto 2013, poche settimane dopo il rovesciamento di Morsi.

Nel 2018, un tribunale egiziano aveva condannato a morte 75 imputati e il resto a diverse pene detentive, tra cui 10 anni per uno dei cinque figli di Morsi, Osama. Gruppi per la difesa dei diritti umani hanno definito quel massacro il più sanguinoso della storia egiziana moderna: fra 817 e forse oltre mille morti secondo Human Right Watch, quindi peggiore anche della strage di piazza Tiananmen del 3-4 giugno 1989 ed equiparabile solo all'eccidio perpetrato dalle forze di sicurezza uzbeke ad Andijan nel 2005.

Le autorità egiziane avevano sottolineato all'epoca che militanti dei Fratelli musulmani impegnati nel raduno erano armati e che la dispersione forzata dei sit-in era stata un'inevitabile misura anti-terrorismo.

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