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‘Gli iraniani senza soldi e senza vere elezioni’

Venerdì le presidenziali. L'esperto di Medio Oriente Giuseppe Acconcia: ‘La censura ha tolto di mezzo i candidati moderati. Resta solo il conservatore Raisi’’

Ebrahim Raisi, strafavorito per le presidenziali in Iran (Keystone)
15 giugno 2021
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L’Iran va al voto. Almeno, un pezzo di Iran lo farà. L’altro diserterà le urne per protesta dopo l’ennesima censura preventiva sui candidati da parte del Consiglio dei Guardiani, che ha bocciato i nomi sgraditi, tutti di area moderata. Fuori dalle liste elettorali l'ex presidente del Parlamento Ali Larijani, attualmente consigliere di Khamenei, che non potrà essere eletto per via della residenza negli Stati Uniti della figlia. Fuori anche l'uomo di punta dei riformisti, il primo vicepresidente di Rohani, Eshaq Jahangiri. E fuori pure il rampante ministro delle Telecomunicazioni Mohammad Javad Azari Jahromi, esponente moderato della nuova generazione nata dopo la Rivoluzione islamica del 1979.

Insomma, nessuna vera alternativa da opporre al presidente designato, l’ultraconservatore Ebrahim Raisi, 60 anni, capo della magistratura vicino all’ayatollah Ali Khamenei (di cui, si dice, potrebbe diventare il successore). In primo piano restano due questioni intrecciate tra loro: il nucleare e i rapporti tesi con Stati Uniti e Israele. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Acconcia, docente di Geopolitica del Medio Oriente all’Università di Padova e autore del libro Il Grande Iran (Exòrma edizioni).

“La possibilità che si arrivi a un accordo sul nucleare è molto più alta in questa fase che precede il voto. Ci sono manovre dietro le quinte che potrebbero andare in questa direzione”.


Il presidente uscente Rohani (Keystone)

Il presidente uscente Rohani, proprio lunedì sera ha detto: ‘L'Iran ha effettuato un arricchimento dell'uranio al 63% e, se necessario, andremo oltre’, aggiungendo che i negoziatori nei colloqui di Vienna sul nucleare dovrebbero ‘accettare le condizioni di Teheran per consentire al mondo di assistere a una maggiore crescita e interazione’. Alla dichiarazione - spiega Acconcia - ne è seguita un’altra dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) che invece accusava l’Iran di aver superato i limiti di arricchimento dell’uranio: “Ci sono stati incontri indiretti tra i 5 Paesi del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e la Germania per riportare in vita l’accordo di Vienna sul nucleare iraniano. E sono stati fatti comunque passi avanti, come estendere le ispezioni degli ispettori dell’Aiea, cosa che permetterà di continuare a visitare i siti nucleari iraniani”.

Cosa accadrà, sul nucleare e non, con Raisi al potere non è chiaro, ma un accordo resta un’ipotesi percorribile. “Raisi è oggetto di critiche di moderati e riformisti, diede il lasciapassare alle esecuzioni dei prigionieri politici del 1988 all’epoca di Khomeini.- prosegue Acconcia -. L’Iran è strangolato dalle sanzioni internazionali e una fascia della popolazione sta subendo gli alti prezzi e l’inflazione, è quella scesa in piazza e aveva protestato nel 2018 e 2019 per chiedere diritti sociali più diffusi. Tanti non andranno a votare perché non c’è una competizione aperta con candidati esclusi che potevano essere più graditi da un punto di vista della politica economica”.

“Sono gli esperti di diritto islamico a decidere chi è eleggibile. Questa volta la censura è stata molto estesa, eliminando rivali che potevano dare filo da torcere a Raisi. Nel 2017 e prima ancora nel 2013 Rohani ha avuto semaforo verde ed è arrivato a essere eletto presidente pur avendo sempre espresso posizioni moderate. Il Consiglio dei Guardiani non ha solo questo meccanismo che agisce da un punto di vista giuridico, ma c’è tutto un sistema di discredito lanciato contro i riformisti, come accaduto a Javad Zarif, fortemente contestato dopo aver partecipato in prima linea agli accordi sul nucleare in seguito a dichiarazioni in cui criticò l’uomo forte iraniano Qasem Sulemaini, ucciso dagli Stati Uniti nel 2020”.


Sostenitori di Raisi in piazza a Teheran (Keystone)

Tutti questi veti potrebbero portare, oltre a disertare le urne, anche a manifestazioni. “Già ora ci sono manifestazioni anti-iraniane in Iraq, dove l’influenza iraniana è molto forte, e in Siria. Alcuni attivisti che ho sentito nelle ultime settimane dicono che Raisi pur essendo un conservatore, vuole arrivare a un accordo con la comunità internazionale, ma il disagio del popolo resta, come restano al momento le sanzioni”.

“Alle manifestazioni del 2018 e 2019 la gente scese in piazza non solo contro i conservatori, ma contro il governo moderato. Nel gennaio 2020 le proteste erano contro l’intero sistema e ricordavano quelle del 2003 e del 2011. A breve potrebbe tornare una critica più in generale della stessa Repubblica Islamica”.

Resta il nodo Israele, che ha un nuovo governo, quello di Naftali Bennett. “L’Iran ha avuto posizioni molto dure contro Israele durante gli scontri dello scorso maggio a Gaza. Inoltre i due Paesi continuano a fare una guerra per procura in Siria e Teheran accusa Israele di attacchi mirati sul suo territorio. Con le elezioni di Raisi le tensioni proseguiranno, visto che l’area conservatrice è sempre stata molto critica con Israele. L’accordo sul nucleare non c’è, anche perché forse si vuole vedere come opera il nuovo presidente, che potrebbe essere aggressivo verso Israele. Ricordiamo Ahmadinejad, della stessa ala politica, che aveva idee e toni netti, arrivando a posizioni negazioniste nei confronti di Israele”.


Il sito nucleare di Bushehr in Iran (Keystone)

Proprio Ahmadinejad era considerato tra i possibili candidati, ma non era una strada praticabile per Acconcia: “Lui è accusato in vari processi per corruzione, quindi non avrebbe mai avuto l’approvazione del Consiglio dei Guardiani. È una figura politica che ormai ha fatto il suo tempo. Questo fa pensare anche alla figura di Raisi, più politica, mentre Ahmadinjead era l’emanazione diretta dei pasdaran, quindi dell’esercito e delle guardie rivoluzionarie. Questa componente aveva altri candidati che potevano fare la differenza ma non hanno avuto l’ok del Consiglio dei Guardiani. Resta un’ala rilevante, ma le accuse di corruzione non solo ad Ahmadinejad, ma a tutta la sua cerchia hanno avuto un peso”.

Ahmadinejad non è più sulla scena da tempo, ora mancherà anche Netanyahu, “che è sempre stato critico e sfidante nei confronti di Teheran, con pressioni su Obama per evitare di arrivare a un accordo. Il fatto che ora Netanyahu sia fuori dai giochi cambia qualche carta in tavola e si può aprire una nuova fase, ma i due Paesi sono storicamente nemici e quindi difficilmente le tensioni si stempereranno. Ricordiamo che nei grandi palazzi pubblici di Teheran o nelle università, per entrare bisogna ancora calpestare le bandiere di Stati Uniti e Israele, considerata longa manus di Washington in Medio Oriente”. Non proprio un segnale di distensione.

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