Il blitz all'alba a Parigi. L’Italia ringrazia Macron, ma i tempi per l’estradizione restano lunghi. In carcere membri delle Br e di Lotta Continua
È stata la Francia di Macron a raggiungere, 40 anni dopo l'intesa di Francois Mitterrand con Bettino Craxi, un accordo con l'Italia di Mario Draghi e a disporre l'estradabilità per 10 ex terroristi rossi italiani. L'operazione, accuratamente preparata per settimane dalla direzione antiterrorismo francese in cooperazione con gli ufficiali di collegamento della polizia italiana a Parigi, è scattata oggi all'alba nella capitale francese: 7 sono stati arrestati, tre sono riusciti a sfuggire.
Domani a palazzo di Giustizia la prima udienza per i sette in stato di fermo: sono gli ex Br Enzo Calvitti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella e Sergio Tornaghi, l'ex di Lotta Continua Giorgio Pietrostefani e Narciso Manenti, ex Nuclei armati contro il potere territoriale. Ancora ricercati Luigi Bergamin, Maurizio Di Marzio e Raffaele Ventura, tutti ex brigatisti: fonti degli inquirenti hanno confermato all'ANSA in serata che i tre sono ancora "in fuga".
L'iter si annuncia lungo, l'eventuale estradizione sarà possibile "non prima di 2 o 3 anni", ha avvertito l'Eliseo. Dieci giorni fa, la telefonata di Draghi a Macron, nella quale è stata sancita in modo definitivo la disponibilità di Parigi a dare il via libera alla magistratura francese per esaminare le richieste italiane di estradizione. "Due fattori hanno concorso a questo esito - ha spiegato una fonte dell'Eliseo -, il fascicolo ormai giunto a maturazione e una relazione tra i due Paesi che si è fortemente consolidata. E in modo molto netto ora con Macron e Draghi. È un rapporto nel quale torna la piena fiducia, un momento storico delle nostre relazioni".
Le fonti della presidenza francese si sono spinte ad ammettere "anni di temporeggiamenti e una certa indulgenza", dopo i quali "è arrivato il momento di prendere coscienza del trauma degli anni di piombo, dei rapimenti, degli omicidi, di riconoscere tutto questo. È stata una richiesta esplicita di Mattarella e Draghi - ha sottolineato l'Eliseo - e da parte nostra è arrivato un atto coraggioso, quello di rispondere positivamente a questa domanda del governo italiano". Domani dunque l'udienza davanti alla procuratrice Clarisse Taron, che ha in mano i fascicoli degli 'italiens'.
L'orientamento prevalente per questa prima seduta - dedicata semplicemente al provvedimento limitativo della libertà da applicare ai fermati - sarebbe stato quello di concedere i domiciliari a tutti, anche per la loro età piuttosto avanzata e per le cattive condizioni di salute di alcuni di loro. Ma la fuga dei tre, secondo quanto è trapelato, farebbe propendere il magistrato per un mantenimento del provvedimento di custodia proprio per il "pericolo di fuga".
Fonti vicine agli inquirenti stanno riflettendo sugli sviluppi della situazione, considerato che la fuga di Bergamin, Di Marzio e Ventura dimostra che "il gruppo vanta ancora appoggi e una rete di sostegno in Francia". Problemi particolari per Pietrostefani, che ha subito un trapianto di fegato, per la Petrella, che già nel 2008 fu salvata dall'estradizione dopo le gravi condizioni in cui finì per quello che Le Monde definì 'lo sciopero della vita', e per Alimonti, che vive con una moglie molto malata e probabilmente affetta anche da Covid.
L'operazione sarebbe dovuta scattare già qualche giorno fa vista la prescrizione che stava per arrivare per diversi componenti del gruppo. A far slittare tutto sarebbe stata la nuova emergenza nazionale terrorismo, con l'uccisione della poliziotta a Rambouillet venerdì scorso. Ieri sera infine la decisione di procedere con il blitz nella giornata di oggi. Scontato che tutti i fermati, a domanda della procuratrice, risponderanno di non accettare l'estradizione.
Spetterà quindi alla magistrata decidere. Se riterrà che vi sono i presupposti per estradarli, come appare probabile, la parola passerà poi ai processi veri e propri, che si svolgeranno nei prossimi mesi - caso per caso - nella Chambre de l'Instruction, con il rito tradizionale: avvocato, eccezioni di ogni tipo, rinvii per malattia, esame delle condizioni in cui si svolse il processo che li condanna in Italia e molto altro.
Una volta che la Chambre avrà preso una decisione, l'imputato potrà fare ricorso in Cassazione quando la sentenza sarà divulgata. Questi giudici dovranno verificare se esistevano le condizioni corrette per concedere l'estradizione. Alla fine, toccherà al primo ministro firmare un decreto di estradizione, che però potrà essere a sua volta impugnato per un ricorso amministrativo davanti al Consiglio di stato. La strada, insomma, è ancora lunga.