Il premier Nikol Pashinyan: "Un passo potente". Erdogan: "Il genocidio è una menzogna storica inventata a fini politici"
Il massacro del popolo armeno da parte dell'Impero Ottomano, costato la vita a un milione e mezzo di persone, fu un genocidio. Joe Biden diventa il primo presidente degli Stati Uniti della storia a riconoscerlo ufficialmente, facendo infuriare il sultano Recep Tayyip Erdogan, che lo ha sempre negato: "Il genocidio è una menzogna storica inventata a fini politici". Rincara la dose il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu: "La Turchia non prende lezioni da nessuno sulla propria storia".
A 106 anni da uno dei fatti più tragici del secolo scorso sale così la tensione tra Washington e Ankara, due alleati i cui rapporti rischiano di incrinarsi come mai accaduto finora. Anche se Biden getta acqua sul fuoco e spiega come riconoscere il genocidio armeno non significhi incolpare la Turchia. "Significa confermare la storia, e che noi vogliamo che non accada mai più".
L'inquilino della Casa Bianca, dunque, si spinge lì dove nessun predecessore aveva mai avuto il coraggio di fare, nemmeno Barack Obama. Il timore degli ex presidenti, repubblicani o democratici, è sempre stato quello di compromettere i rapporti con un alleato fondamentale come la Turchia, partner nella Nato e che, tra le altre cose, detiene le chiavi per l'accesso al Mar Nero, avendo il controllo sui Dardanelli e sullo stretto del Bosforo. Una cosa non da poco, soprattutto in un momento in cui l'escalation ai confini tra Russia e Ucraina rischia di sfociare in un nuovo conflitto all'interno dell'Europa.
Ma Biden, che ha fatto della difesa dei diritti umani un tema centrale della sua agenda e che fin dalla sua esperienza a fianco di Obama non ha mai nascosto di mal sopportare l'autoritarismo di Erdogan, ha deciso di compiere il passo atteso da tempo. Soprattutto dopo che il Congresso ha già da tempo classificato come "genocidio" il massacro armeno con una doppia votazione di Camera e Senato.
Il presidente degli Stati Uniti, poi, non scorda il gelo con cui fu accolto ad Ankara nel 2'016, dopo il tentato golpe a cui seguì una durissima repressione degli oppositori da parte di Erdogan. Ma la mossa decisa dalla Casa Bianca è dettata anche dalla volontà di dare un chiaro segnale a tutte le autocrazie in giro per il mondo. In primis la Cina, con la repressione della minoranza musulmana degli uiguri nella regione dello Xinjiang, che già in tanti considerano un vero e proprio genocidio.
Non c'è dubbio che anche la vicinanza sempre più stretta tra Erdogan e Putin (spintasi fino all'acquisto di missili russi da parte della Turchia) abbia contribuito e non poco a raffreddare ulteriormente i rapporti tra Washington e Ankara.
Il presidente degli Stati Uniti e quello turco avranno comunque modo di affrontare tutte le questioni aperte nel corso di un faccia a faccia che, secondo quanto concordato nella telefonata delle ultime ore, dovrebbe svolgersi in giugno a margine del vertice dell'Alleanza Atlantica a Bruxelles. Sarà questa la seconda tappa europea della prima missione all'estero di Biden, che si recherà anche nel Regno Unito per il vertice dei leader del G7.
L'Armenia intanto esulta. "Quello di Biden è un passo potente", ha affermato il premier Nikol Pashinyan. "Finalmente il presidente americano chiama le cose con il loro vero nome e lancia un forte messaggio in difesa dei diritti umani", ha spiegato l'ambasciatore armeno negli Stati Uniti, Varuzhan Nersesyan, per il quale quello di Biden "è un atto di grande leadership morale contro una lunga storia di negazionismo". Il genocidio armeno non è solo una vicenda del passato o che riguarda solo il popolo armeno, ma è una questione che riguarda tutti, per evitare nuovi genocidi in futuro".