Estero

Joe Biden riconosce il genocidio armeno

È il primo presidente degli Stati Uniti a farlo. Erdogan, piccato, replica: “Tutte menzogne e calunnie fatte per calcolo politico”

Il memoriale del genocidio a Yerevan (Keystone)
22 aprile 2021
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Joe Biden è pronto a rompere il tabù. Durante le commemorazioni di sabato per il 106esimo anniversario, sarà il primo presidente americano a riconoscere come un genocidio il massacro di centinaia di migliaia di armeni da parte dell'Impero ottomano in disfacimento durante la Prima guerra mondiale. Una dichiarazione anticipata da New York Times e Wall Street Journal che è destinata a scatenare un nuovo scontro con la Turchia.

In una riunione convocata con i suoi più stretti consiglieri, il presidente Recep Tayyip Erdogan ha già minacciato reazioni. "La Turchia continuerà a difendere la verità contro le menzogne sul cosiddetto 'genocidio armeno' e contro coloro che stanno sostenendo questa calunnia sulla base di calcoli politici", ha messo in guardia il leader di Ankara. La decisione di Biden giunge dopo la lettera aperta di oltre cento membri del Congresso - primo firmatario il democratico Adam Schiff, a capo della commissione Intelligence della Camera - che lo invitava a dare seguito alla sua promessa elettorale. "Signor Presidente, come ha detto nella sua dichiarazione del 24 aprile dello scorso anno", nell'anniversario dell'eccidio di massa, "il 'silenzio è complicità'. Il vergognoso silenzio del governo degli Stati Uniti sul fatto storico del genocidio armeno è durato troppo a lungo e deve finire", recitava l'appello dei membri del Congresso, che lo aveva già simbolicamente etichettato come genocidio nel dicembre 2019 con un voto bipartisan.

Questione controversa

Riconosciuto da una trentina di Paesi nel mondo e dalla comunità internazionale degli storici come il primo genocidio del XX secolo, il massacro del 1915 è invece da sempre negato da Ankara. Le sue contestazioni riguardano sia il bilancio delle vittime - che per la maggior parte degli esperti si attesta tra 1,2 e 1,5 milioni - sia l'accusa di un'uccisione pianificata, riconducendo le morti al conflitto con la Russia zarista e alle sue conseguenze e sottolineando le perdite su entrambi i fronti. "Le dichiarazioni senza valore legale non porteranno benefici, al contrario danneggeranno le relazioni", ha detto il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, avvisando che "se gli Stati Uniti vogliono peggiorare le relazioni, è una loro decisione". In casi analoghi, del resto, Ankara ha sempre reagito in modo immediato. L'ultimo lo scorso febbraio, quando una mozione del parlamento olandese chiese al suo governo di riconoscere formalmente il genocidio.

Dopo l'addio di Donald Trump, i rapporti tra Ankara e Washington si sono fatti ancora più tesi. Tra i principali punti di frizione con l'alleato Nato resta il rapporto con la Russia, da cui la Turchia ha acquistato il sistema missilistico S-400, subendo le conseguenti sanzioni americane. Ma l'amministrazione Usa ha rimarcato la distanza anche sul tema dei diritti civili e della democrazia, criticando tra l'alto il ritiro dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza di genere. Da quando è entrato in carica, poi, Biden non ha ancora parlato con Erdogan, che in campagna elettorale definì "un autocrate". E ora si prepara ad aprire un nuovo fronte.

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