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I nuovi ‘Troubles’ in una Belfast ferita e sofferente

Dopo notti di scontri, si allenta la violenza nell'Irlanda del Nord. Le voci raccolte tra la gente tra chi chiede pene esemplari e chi vuole voltar pagina

Scontri a Belfast, giovanissimi in prima linea (Keystone)
12 aprile 2021
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A quasi due settimane dall’inizio degli ennesimi disordini nell’Irlanda del Nord, nel fine settimana sembra che la situazione si sia ristabilizzata, ma l’allerta è ancora massima. Poca gente e tanta polizia per le strade delle ‘zone calde’ di Belfast, i ben noti quartieri dove il sentimento unionista o repubblicano è particolarmente intenso, e dove si sono concentrati gli scontri, in queste settimane così some in passato: posti come Shankill, Falls Road, Sandy Row o Tiger’s Bay, solo per citarne alcuni. Se le violenze erano scaturite da alcune comunità unioniste, iniziando come manifestazioni ben presto degradate in scontri con la polizia, negli ultimi giorni si sono registrati episodi in cui sono stati coinvolti anche gruppi di nazionalisti irlandesi. “Ancora una volta, l’intervento della polizia ha confermato la mancanza di imparzialità delle forze dell’ordine”, denuncia un attivista della comunità irlandese dell’ovest di Belfast, “gruppi di unionisti sono in rivolta da più di una settimana, hanno persino incendiato un autobus, eppure la prima volta che la polizia ha usato i cannoni d’acqua è stato contro un gruppo di repubblicani che si era radunato in risposta ad una minaccia unionista”.


Scontri a Belfast (Keystone)

Agli antipodi, come prevedibile, la lettura della fazione opposta, che denuncia quello che a loro dire è il solito vittimismo repubblicano: “Non perdono mai l’occasione per strumentalizzare ogni evento per rigirare la frittata; ma la verità è che per la polizia le persone appartenenti a certi gruppi repubblicani sono intoccabili”, ha commentato per esempio un commerciante di Sandy Row, alludendo ai politici dello Sinn Féin che hanno violato le norme anti-Covid assistendo in massa al funerale di un ex dirigente dell’IRA: la decisione del procuratore pubblico di non perseguirli, e il conseguente infervoramento della scena politica hanno acceso la scintilla delle prime manifestazioni, in un clima già appesantito dal malcontento unionista per le conseguenze della Brexit.

Tanta voglia di voltare pagina 

Al di là delle recriminazioni e vicendevoli accuse da parte delle persone più schierate politicamente, il senso generale tra la gente per strada è soprattutto quello di amarezza e di voglia di lasciarsi tutto presto alle spalle. “Sono andata a vedere il cancello su Lanark Way stamattina”, racconta una liceale, “è una scena davvero molto triste, si vedono i graffiti pacifisti sul cancello circondati da ammaccature e bruciature, credo che abbiano scelto appositamente di colpire qui”. Il cancello in questione si apre su uno dei muri di sicurezza che dividono la zona unionista di Shankill dalla roccaforte repubblicana su Falls Road, e la sua apertura (anche se solo diurna) ha rappresentato attraverso l’ultimo decennio il lento ritorno alla convivenza pacifica – fino a settimana scorsa, quando il cancello è stato teatro di violenti scontri, risultandone gravemente danneggiato, e costringendo la polizia a imporne la chiusura temporanea. “Sono molto dispiaciuto e preoccupato”, dice Darren, un londinese che vive da anni nell’est di Belfast, “ma francamente non posso dire di essere sorpreso, era chiaro che la Brexit avrebbe riacceso gli animi”. Non bisogna infatti dimenticare che nel 2016 il popolo nordirlandese, in un raro momento di coesione, si era dichiarato contrario alla separazione dall’Unione europea. Le misure introdotte a margine della Brexit hanno imposto una barriera doganale tra l’Irlanda del Nord e il resto del Regno, e questo, continua Darren “è del tutto intollerabile per gli unionisti. D’altra parte, se fosse stata invece ripristinata una frontiera dura con l’Irlanda, sarebbero stati i repubblicani a scendere in strada. Dal momento in cui è passata la Brexit si doveva sapere che sarebbe andata a finire così, in un modo o nell’altro”.

In prima fila i giovanissimi

D’altra parte, considerando che i gruppi di vandali attivi nelle ultime settimane sono composti prevalentemente da adolescenti, viene un po’ da chiedersi, al di là delle rimostranze espresse dai partiti, quanto poi sia di fatto presente tra i ranghi degli insorti una precisa consapevolezza dei contorni politici della protesta. “Stiamo parlando di bande di ragazzini, teste calde che non sanno quello che fanno” commenta Jade, che lavora come docente in una scuola inclusiva promuovendo l’integrazione di bambini di entrambe le comunità, “è davvero triste vedere che siano proprio i giovani ad essere i più incendiari, ragazzi che sono nati ben dopo la fine dei Troubles, e forse per questo non ne percepiscono la gravità… Ma non bisogna dimenticare che stiamo parlando di pochi casi estremi, mentre di fatto la grande maggioranza dei giovani si è lasciata alle spalle i conflitti dei propri genitori”. Un parere ottimista, questo, che trova largo consenso sui social, dove tra i giovani sono centinaia i commenti che invocano un ritorno all’ordine: “Nessuno vuole tornare ai vecchi tempi”, “Non importa se cattolici o protestanti, repubblicani o unionisti, britannici o irlandesi: siamo tutti nordirlandesi, e non vogliamo più nessun tipo di violenza per strada” o ancora, “Questa situazione deve essere fermata subito, le foto sui giornali sembrano uscite dagli anni ’70, ma Belfast non è più così”.

Mentre la situazione sta ritornando alla calma, si cerca di capire come affrontare i postumi di quelli che sono stati definiti dal vicecomandante della polizia nordirlandese Jonathan Roberts come i peggiori disordini degli ultimi anni. Considerando la giovane età di molti degli insorti, sono molte le voci che chiedono insistentemente una maggiore presa di responsabilità dei genitori, mentre c’è anche chi preferirebbe vedere direttamente i teppisti puniti in maniera esemplare: “Com’è possibile che dopo due settimane di violenze ci sia stata solo una manciata di arresti, quasi tutti già rilasciati?” si sfoga un pensionato residente nei dintorni di Falls Road, “dicono che si tratta di ragazzini, ma a questo punto bisogna cominciare a trattarli come criminali veri e propri. Io li manderei tutti a rinfrescarsi le idee nel Crumlin Road Gaol”, conclude evocando sarcasticamente la famigerata prigione attiva a Belfast negli anni dei Troubles, ora trasformata in museo. “Non bisogna lasciarsi ingannare dal numero di adolescenti tra le fila dei dimostranti” ribatte il nipote, “è evidente che a istigarli, indottrinarli ed organizzarli ci sono i soliti gruppi paramilitari, da ambo le parti, sono loro il vero problema, questi teppistelli sono solo delle pedine”. Come spesso accade da queste parti, la conversazione, non importa quanto seria o spinosa, va poi a chiudersi con una scrollata di spalle e una battuta per sdrammatizzare: “Intanto iniziamo a riaprire i pub: con una pinta nello stomaco e una sul tavolo vedrai che si calmano tutti quanti!”.

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