Estero

Caso Navalny: gli Usa attaccano l'entourage di Putin

Le sanzioni americane colpiscono uomini direttamente collegati al presidente russo. Washington: "L'oppositore avvelenato dagli 007 di Mosca"

(Keystone)
2 marzo 2021
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Anche per gli Usa non ci sono dubbi: c'è il governo di Mosca dietro all'avvelenamento con il Novichok dell'oppositore russo Alexei Navalny, il nemico numero uno di Vladimir Putin. È la conclusione di un rapporto declassificato dell'intelligence americana, che ha spinto l'amministrazione Biden a varare le sue prime sanzioni contro la Russia, dopo quelle all'Arabia Saudita per l'uccisione del giornalista dissidente Jamal Khashoggi.

Anche in questo caso le misure non colpiscono direttamente il leader del Paese ma i sette alti dirigenti puniti appartengono al suo entourage, dall'inossidabile capo dei servizi segreti Fsb Alexander Bortnikov al primo vice capo dello staff del Cremlino Serghiei Kiriyenko, già premier con Ieltsin ed ex capo dell'agenzia nucleare Rosatom. Nella blacklist pure i vice ministri della Difesa Aleksei Krivoruchko e Pavel Popov, il procuratore generale Igor Krasnov, il direttore del Servizio penitenziario federale Aleksander Kalashnikov, il capo del dipartimento di politica interna del presidente russo Andrei Yarin. Tutti sono già stati colpiti anche dall'Ue in due round di sanzioni, di cui l'ultimo lunedì. Gli Usa hanno inoltre esteso le restrizioni all'export in Russia di materiale che potrebbe essere usato per la produzione di agenti chimici e biologici. L'ambasciatore russo all'Ue Vladimir Chizov ha già annunciato che Mosca risponderà alle misure europee. Scontato che farà altrettanto con Washington. "Nessuno ha cancellato le regole della diplomazia e una di queste regole è il principio di reciprocità", ha avvisato il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov. "La comunità dell'intelligence stima con un alto grado di fiducia che responsabili dei servizi di sicurezza russi (Fsb) abbiano utilizzato un agente nervino conosciuto come Novichock per avvelenare l'oppositore russo Alexiei Navalny il 20 agosto 2020", hanno spiegato fonti dell'amministrazione Usa in una conference call, aggiungendo che le sanzioni sono state decise "in stretto concerto con i nostri partner della Ue" e sono "un chiaro segnale" inviato a Mosca.

Guerra fredda

"Non cerchiamo né un reset né una escalation", ha spiegato la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki, sottolineando che Washington non esiterà a rispondere ad ogni azione destabilizzante della Russia e rinnovando l'appello per la "liberazione immediata e senza condizioni" dell'oppositore. Il prossimo banco di prova sarà nelle prossime settimane, quando il presidente Usa dovrebbe annunciare la risposta al devastante cyber attacco SolarWinds, in cui hacker russi sono sospettati di aver violato nove agenzie governative ed oltre 100 azienda americane. Contrariamente a gran parte dei suoi predecessori, insediatisi alla Casa Bianca con il dichiarato proposito di un reset con Mosca, Biden ha fatto l'opposto, denunciando che Putin sta facendo tornare il Paese in un'epoca di autoritarismo, promettendo di rispondere alle violazioni dei diritti umani e agli sforzi per destabilizzare gli Usa e l'Europa. Dopo aver telefonato il mese scorso al leader del Cremlino, il commander in chief ha assicurato di avergli detto chiaramente che "sono finiti i giorni in cui gli Usa subiscono le aggressive azioni russe, le interferenze nelle elezioni, cyber attacchi, avvelenamenti di cittadini". Una totale inversione di marcia rispetto a Donald Trump, che ha continuato a flirtare col leader russo nonostante l'ombra lunga del Russiagate.

Biden ha inoltre voluto fare fronte comune anche nei tempi con gli alleati della Ue, dopo mesi in cui le sanzioni europee andavano oltre quelle dell'amministrazione Trump. Proprio oggi entrano in vigore le nuove sanzioni decise dall'Unione Europea contro quattro alti dirigenti russi ritenuti coinvolti nell'avvelenamento e nel successivo imprigionamento di Navalny. Sanzioni approvate per la prima volta con i nuovi poteri della versione europea del Magnitsky act, che consente a Bruxelles di imporre misure punitive in tutto il mondo a chi viola i diritti umani. Le sanzioni però continuano a essere un'arma poco efficace, anche nella deterrenza: quelle europee ed americane contro la Russia nel 2018 per l'uso del Novichok in Gran Bretagna contro il doppio agente segreto Serghei Skripal e sua figlia non hanno impedito all'Fsb di usare la stessa tecnica con Navalny.

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