Si tratta di un importante cambio di paradigma rispetto allo stupro inteso solo come violenza fisica. Anche in Svizzera c'è chi chiede una riforma
In Svizzera diverse associazioni lo chiedono da anni, in Danimarca dal primo gennaio sarà legge: potrà essere considerato stupro qualsiasi atto sessuale che si dimostri avvenuto senza consenso, senza dover necessariamente fornire anche le prove di violenze fisiche, di minacce o dell’incapacità di respingere l’aggressore, come si pretendeva finora. Questo dovrebbe permettere di tutelare meglio le vittime, stimate dalle autorità in oltre 10mila all’anno in uno Stato con meno di sei milioni di abitanti. La riforma è stata approvata ieri all’unanimità dal Folketing, il Parlamento unicamerale. “Ora è chiaro che se non c’è il consenso di entrambi, è stupro”, ha commentato il ministro della Giustizia Nick Haekkerup, socialdemocratico. Anche il Partito conservatore ha sostenuto la nuova legge, dopo una lunga campagna avviata da Amnesty International: nel 2008, l’ong attiva nella difesa dei diritti umani aveva già fornito abbondanti prove del fatto che meno della metà delle denunce in materia arriva in tribunale e sono pochissime le condanne. Il tutto, in un Paese nel quale si stima che più di quattro casi su cinque passino completamente sotto silenzio (i dati nel resto d'Europa, d‘altronde, non sono più incoraggianti).
Quello danese è un cambio di paradigma culturale, oltre che legale: spostando la definizione di stupro dalla violenza in quanto tale alla mancanza di consenso, dovrebbe permettere agli inquirenti e alle corti di agire con maggiore efficacia, e incoraggiare le vittime a farsi avanti. L’idea è che lo stupro sia, come ha spiegato la giornalista danese Kirstine Holst al ‘New York Times’, “una violenza in sé, per cui non c’è bisogno di provarne altre”. Ovviamente l’onere della prova continua comunque a incombere sul denunciante, ma d’ora in poi i giudici non saranno costretti a sanzionare solo i casi più brutali. “Un sacco di gente in Danimarca pensa ancora che uno stupratore sia qualcuno che salta fuori da un cespuglio per aggredirti mentre torni a casa di notte, e perfino certe vittime non considerano stupro il sesso forzato”, ha detto allo stesso quotidiano Beck Hansen, presidente della Società delle donne danesi; “Adesso diventa una questione di consenso, di dir di sì”.
La riforma sarà accompagnata dalla creazione di una linea telefonica per le vittime attiva 24 ore al giorno sette giorni su sette, e da cambiamenti nei corsi di educazione sessuale a scuola; potrebbe inoltre avere un impatto sull’operato della polizia, spesso accusata di verificare i fatti con un approccio troppo legato a vecchi stereotipi e tale da intimidire chi vi si rivolge.
La Danimarca è considerata da tempo uno dei Paesi più avanzati in termini di uguaglianza di genere. Eppure è solo la dodicesima nazione in Europa a introdurre una legge di questo tipo: arriva più tardi della Svezia, ma anche di Belgio, Croazia, Cipro, Germania, Grecia, Islanda, Irlanda, Lussemburgo, Malta e Regno Unito. La Francia ha invece respinto il principio del consenso in occasione di una recente riforma. A trainare il cambiamento è anche l’adesione alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, meglio nota come Convenzione di Istanbul.
Commentando la situazione danese, che vede oltre la metà delle vittime avere meno di 25 anni, Amnesty ha parlato l’anno scorso di “cultura diffusa dello stupro e impunità endemica”. La legge aveva già criminalizzato lo stupro domestico e la costrizione delle vittime indifese nel 2013, includendo tra le fattispecie anche atti diversi dal rapporto sessuale completo. In precedenza,invece, neppure il sesso con una persona in stato d‘incoscienza rientrava nella definizione di legge.
Anche in Svizzera decine di organizzazioni chiedono una revisione del codice penale con l’introduzione del principio del consenso, attraverso la revisione degli articoli 189 (coazione sessuale) e 190 (violenza carnale). Lo scorso giugno, 55 associazioni tra le quali Amnesty International, Alliance F, Salute Sessuale Svizzera e Terre des femmes hanno pubblicato un appello per muoversi in questa direzione. Da noi intervistata su ‘laRegione’ del 10 dicembre, la direttrice generale di Amnesty in Svizzera Alexandra Karle aveva segnalato la riforma come priorità a livello nazionale per il 2021, in modo che “si possa davvero riconoscere che un no è un no”. Al momento dell’appello, aveva spiegato: “La legge attuale non permette alla stragrande maggioranza delle persone colpite di ottenere giustizia. La maggior parte degli aggressori non deve ricorrere alla violenza perché sfrutta lo smarrimento della vittima e il rapporto di fiducia”.
Un sondaggio dell’istituto gfs.bern del 2019 mostra la preoccupante diffusione anche in Svizzera degli atti sessuali non desiderati: il 22% delle donne interrogate ha dichiarato di averne già subiti, mentre il 12% denuncia rapporti sessuali contro la sua volontà. Di chi si è dichiarato vittima, solo l’8% ha presentato una denuncia.