VACCINI

La corsa al vaccino tra promesse e prudenza

In Usa prime immunizzazioni forse già a gennaio. E c’è un altro vaccino promettente

(Keystone)
23 novembre 2020
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C'è un terzo vaccino che pare in dirittura d'arrivo, e se continua così la campagna d'immunizzazione potrebbe partire già tra dicembre e gennaio, almeno negli Usa.Condizionali e prudenza restano doverosi, ma è di ieri l'annuncio della casa farmaceutica AstraZeneca, tra l'altro già legata anche a Berna da un contratto di fornitura, circa l'efficacia del suo preparato in fase di test:immunizzerebbe in media il 70% dei vaccinati, che diventa il 90% ottimizzando il dosaggio. Una notizia arrivata poche ore dopo che le autorità americane avevano ipotizzato di essere quasi pronte a iniziare con la vaccinazione di massa.

Realizzato in collaborazione con l’Università di Oxford, il vaccino di AstraZeneca segue una formula di sviluppo più tradizionale rispetto all’uso dell’Rna messaggero di Pfizer e Moderna, le due case americane che paiono anch’esse vicino al traguardo con preparati ritenuti efficaci in oltre il 90% dei casi. AstraZeneca si affida al ‘vecchio’ sistema di utilizzare una variante inattiva del virus per stimolare gli anticorpi; il vantaggio sta nei costi più contenuti – circa 3 franchi contro gli oltre 20 delle alternative – e nella facilità di trasporto e conservazione. Il vaccino di Pfizer richiede infatti frigoriferi capaci di portare la temperatura a 70 gradi sottozero, quello di Astra si conserva a 2-8 gradi (come quello di Moderna). Il test ha coinvolto oltre 20mila volontari in Regno Unito e Brasile: 131 hanno contratto la malattia, nessuno ha sviluppato sintomi gravi e tali da renderne necessario il ricovero. Il colosso farmaceutico svedese-britannico prevede di poter produrre 200 milioni di dosi già quest’anno e 3 miliardi entro il 2021. 

Ma è quella di Pfizer la prima domanda di autorizzazione che sarà considerata dalla Food and drug administration (Fda), probabilmente già il 10 dicembre. Secondo il dottor Moncef Slaoui, a capo della task force pubblica incaricata di accelerare le procedure di vaccinazione, dall’ok della Fda alle prime somministrazioni passerebbe pochissimo tempo: le iniezioni comincerebbero “entro 48 ore”, ha detto ad Abc. La priorità verrebbe data naturalmente al personale sanitario e alle categorie a rischio, l’obiettivo sarebbe quello di vaccinare oltre 22 milioni di americani entro la fine di gennaio (ciascun vaccino richiede due dosi a distanza di qualche settimana l’una dall’altra). Anche in Europa si corre per sveltire i processi di approvazione: di una prima fase di vaccinazione già a dicembre ha parlato anche il ministro della Sanità tedesco Jens Spahn, e una parte della stampa britannica prevede tempistiche simili per il Regno Unito.

Ora il timore è quello dei colli di bottiglia nella filiera globale: produzione, stoccaggio, trasporto e somministrazione riguarderanno svariati miliardi di dosi; una sfida senza precedenti per il settore farmaceutico. Intanto però è proprio l’Oms a vedere il bicchiere mezzo pieno: “C’è adesso una reale speranza che i vaccini, insieme con altre misure sanitarie già testate, possano contribuire a mettere fine alla pandemia di Covid-19”, ha detto il direttore Tedros Adhanom Ghebreyesus. “La luce in fondo a questo lungo e buio tunnel sta diventando più luminosa”, ha aggiunto: “Nessun vaccino nella storia è stato sviluppato così rapidamente. La comunità scientifica ha stabilito un nuovo standard “.

Berna

Sicurezza prioritaria

Quanto alla Svizzera, Anne Lévy assicura: qualsiasi vaccino approvato in Svizzera “sarà sicuro ed efficace”, ha dichiarato al ‘SonntagsBlick’ la direttrice dell’Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp). Qui si va con i piedi di piombo. Nonostante l’urgenza di trovare un mezzo efficace per far fronte alla pandemia, le valutazioni avvengono secondo gli standard abituali. Nessuna autorizzazione d’emergenza, come negli Stati Uniti. La sicurezza dei medicamenti è considerata una priorità assoluta. In altre parole: decisiva non è tanto l’efficacia in sé, quanto il rapporto tra benefici ed effetti indesiderati. “Può anche darsi che il 50% di efficacia basti, se i benefici attesi sono più grandi dei rischi potenziali”, spiega Swissmedic al ‘Blick’ online. Una prima autorizzazione prima della fine dell’anno è improbabile, ha indicato al portale l’autorità elvetica di omologazione e controllo dei medicamenti. Se tutto fila liscio, il vaccino potrebbe comunque essere disponibile nel corso del primo trimestre del 2021.

Il Consiglio federale ha messo a disposizione 400 milioni di franchi per l’acquisto di vaccini contro il Covid-19. Due i contratti conclusi finora. Il primo è con Moderna che collabora con l’azienda chimica basilese Lonza. Berna si è assicurata l’accesso a 4,5 milioni di dosi del futuro vaccino, che in un test condotto su 30mila partecipanti negli Usa ha mostrato una efficacia del 94,5%. Il secondo contratto è stato siglato (assieme alla Svezia) proprio con l’inglese AstraZeneca per un massimo di 5,3 milioni di dosi. Oltre a quelle di Moderna e AstraZeneca, Swissmedic sta esaminando la domanda di omologazione di Pfizer, che ha sviluppato il suo vaccino in collaborazione con la tedesca BioNTech.

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