Estero

Fra rabbia e frustrazione, Trump silura il capo del Pentagono

A sostituire l'attuale segretario della Difesa Mark Esper sarà, con effetto immediato, il capo dell'antiterrorismo Christopher Miller

Trump ribadisce: 'Ho vinto chiaramente io' (Keystone)
9 novembre 2020
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La controffensiva di Donald Trump è partita. Così, dopo la sconfitta elettorale, la prima testa a cadere è quella del capo del Pentagono Mark Esper, uno dei nomi in cima alla lista nera del presidente uscente. Un lungo elenco di alti funzionari ritenuti infedeli e accusati di averlo tradito.

Ecco allora che a tremare sono adesso nomi del calibro di William Barr, ministro della Giustizia, Christopher Wray, capo dell'Fbi, Gina Haspel, direttrice della Cia. Tutte figure colpite di recente dagli strali del presidente, infuriato soprattutto per il mancato avvio di un'indagine sui Biden e per aver atteso invano l'annunciato rapporto sull'origine dell'inchiesta del Russiagate. Rapporto che a suo modo di vedere avrebbe dovuto svelare il complotto dell'amministrazione Obama nei suoi confronti. Il nuovo segretario della Difesa sarà, con effetto immediato, il capo dell'antiterrorismo Christopher Miller.

Verso nuovi comizi dove si contano ancora i voti

Intanto Trump è pronto a scendere di nuovo in campagna elettorale. Stando a quanto trapela dal suo entourage, si tratta di più di una suggestione, con 'The Donald' deciso a resistere nel fortino della Casa Bianca e a sabotare la transizione verso l'era Biden. C'è da attendersi, insomma, un mese di fuoco in cui sferrare una controffensiva non solo sul piano legale ma anche tornando sul campo, con blitz negli Stati dove ancora si contano i voti e con veri e propri comizi in stile 'Make America Great Again'.

Altro che concedere la vittoria, dunque. Anche se non tutti nel suo entourage sono convinti che questa sia la strada giusta da percorrere. Mentre tra i repubblicani cresce il timore che scatenare una nuova guerra - e su un terreno così scivoloso come quello dei presunti brogli elettorali - possa alla fine danneggiare ancora di più il partito, con la gara per il Senato ancora aperta e che sarà decisa dai due ballottaggi del 5 gennaio in Georgia. Una partita decisiva che potrebbe finire con l'intero Congresso in mano ai democratici.

Ma per Trump, che in queste ore alternerebbe momenti di rabbia ad altri di frustrazione e forte delusione, l'unica via di uscita onorevole da questa situazione resta per ora non arretrare di un millimetro. Ecco allora che sarebbe pronto a nuovi bagni di folla in Georgia, Arizona, Pennsylvania, per sbandierare le prove di elezioni truccate e di una vittoria che gli è stata scippata. Tra queste - raccontano fonti della sua campagna - anche i necrologi di americani che, morti da tempo, risulterebbero tra gli elettori che hanno votato. Anche se finora non si hanno notizie di indagini avviate su episodi del genere.

Nel mirino del presidente uscente ci sono soprattutto i voti per posta, che a suo dire sono in gran parte illegali: "Se si contano solo i voti legali, il chiaro vincitore sono io", continua a ripetere ossessivamente. Il ricorso alla Corte Suprema poi resta una delle carte in mano a Trump, anche se i suoi stessi legali frenano sul possibile successo di tale iniziativa. Considerando anche che è stata proprio l'Alta Corte a dire sì in alcuni Stati al conteggio dei voti anche dopo il 3 novembre, il giorno delle elezioni. Ma a fare pressione sul presidente per andare fino in fondo ci sarebbero personaggi come il genero Jared Kushner, l'avvocato personale Rudy Giuliani, il consigliere politico Jason Miller e anche i figli Donald ed Eric.

Trump potrebbe ricandidarsi nel 2024

Ma sempre nel partito repubblicano c'è già chi guarda avanti, a quando volente o nolente Trump dovrà cedere il passo e lasciare la Casa Bianca. La corsa per occupare il vuoto di potere che si verrà a creare è già partita, e negli ultimi giorni si è intensificata l'azione di tutti coloro che hanno aspirazioni per le presidenziali del 2024: il senatore Tom Cotton dell'Arkansas, definito il Trump 2.0, il governatore della Florida Rick Scott, l'ex ambasciatrice Usa presso le Nazioni Unite Nikki Haley. Ma più attivo del solito è anche Donald Junior, che nei giorni scorsi su Twitter ha attaccato con veemenza tutti i suoi potenziali oppositori.

Chiunque voglia correre per la Casa Bianca fra quattro anni, comunque, difficilmente potrà esimersi dal fare i conti con Trump che, nonostante la sconfitta, è pur sempre il secondo candidato della storia americana ad aver preso più voti popolari di sempre. Voti che non possono non pesare, e che danno al presidente uscente una wild card da giocare in futuro. Anche, si mormora a Washington, per una sua nuova ricandidatura.
 
 

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