PRESIDENZIALI USA 2020

Ora Joe Biden è davvero a un passo dalla vittoria

Si prende MIchigan e Wisconsin, ormai è a pochi 'grandi elettori' dalla conferma. Ma Trump non sembra volerlo ammettere

(Keystone)
4 novembre 2020
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Al momento di andare in stampa non possiamo essere certi di come andranno a finire le elezioni americane, ma in netto vantaggio appare il candidato democratico Joe Biden, che dopo avere arrancato tutto il giorno ha aumentato il suo distacco (vedi infografica). Chi si aspettava una scoppola al presidente uscente Donald Trump è però rimasto deluso: complici l’affluenza record e il grande ricorso al voto per corrispondenza, il risultato resta tirato, anche al netto dell’intervento di avvocati e tribunali.

Tribunali, sì. Perché Trump non si è solo autoproclamato trionfante già alle due di mercoledì – “per quanto mi riguarda abbiamo già vinto” –, quando qui erano le otto e nessuno era ancora in grado di assegnargli un vantaggio decisivo che poi gli è mancato per tutta la giornata. Il presidente ha anche accusato i Democratici di aver fatto sparire il suo vantaggio negli Stati da loro controllati, e ha parlato di “una truffa ai danni del pubblico americano”. Ha anche minacciato di ricorrere alla Corte Suprema, e la sua campagna vuole avviare un’azione legale in Michigan e Pennsylvania.

Il paradosso del più votato

Prima di mezzanotte, Biden appariva ormai padrone del Wisconsin e del Michigan, sebbene nettamente indietro in Pennsylvania (come al solito, ormai, il Midwest è diventato una trincea elettorale decisiva). Vittoria prevista anche in Nevada e in Arizona. Nessun colpaccio, invece, in Florida e Texas, due Stati che se vinti avrebbero soffocato sul nascere la corsa di Trump.

Al di là dei colpi di scena, si è trattato di un’elezione storica: grazie al forte ricorso al voto postale, stavolta avrebbero votato oltre 160 milioni di americani su 240 milioni di aventi diritto: circa il 67%, una percentuale che non si vedeva almeno dal 1900, quando però le donne e gli afroamericani del Sud non votavano.

Un ‘turnout vote’, insomma: un voto dove la differenza la fa chi mobilita più elettori, non chi li sposta da una parte all’altra (‘persuasion vote’). “Si sono affrontati due candidati d’accordo solo sul fatto che quest’elezione decide il futuro della democrazia americana”, spiega il vicedirettore del ‘Post’ Francesco Costa, uno che se ne intende; “in una situazione così polarizzata la mobilitazione tende ad aumentare”.

Con un paradosso significativo: Biden si avvia a essere il candidato più votato di sempre, perfino davanti a quel Barack Obama di cui fu il vice, eppure la sua strada è risultata molto impervia. Come fu il caso con Hillary Clinton, la differenza infatti la fanno ancora una volta i ‘grandi elettori’, ovvero i voti elettorali assegnati a ogni Stato: basta il 50% più un voto per ottenerli tutti, con l’eccezione molto marginale di Maine e Nebraska. “Il sistema elettorale americano ci regala sempre delle notti appassionanti, però non funziona più”, commenta Costa; “tutti i sistemi cercano un compromesso tra rappresentanza e governabilità, ma mi pare che quello americano abbia finito per sacrificare la prima. Tant’è vero che questa notte la costa Ovest non se l’è filata nessuno, tutto è stato deciso nell’altra metà degli Stati Uniti”.

Quasi gol

Per molti sostenitori democratici, l’incertezza della giornata si era temporaneamente tradotta in delusione, nonostante Biden sia comunque riuscito a far meglio di Hillary presso alcuni gruppi strategici come gli elettori bianchi delle realtà meno privilegiate. “Probabilmente molti Democratici si aspettavano una vittoria a valanga. Il fatto che non sia arrivata può deludere un po’, ma d’altronde succede così quasi sempre. Forse non bisognava posizionare l’asticella troppo in alto”, nota Costa.

In attesa dei dati definitivi, è interessante anche notare come gli exit poll abbiano rovesciato alcune aspettative dei sondaggi preelettorali: è vero che si è trattato di un referendum pro o contro Trump, ma il coronavirus e le tensioni razziali hanno giocato un ruolo meno importante di quanto si pensasse. “Si direbbe che l’economia sia stata considerata più importante della gestione della pandemia”, osserva Costa. “Questo rovesciamento di priorità potrebbe aver aiutato Trump a limitare l’erosione di consensi. Anche la minore importanza assegnata alla questione razziale può avere avuto un effetto simile. Questi dati ci raccontano un elettorato diverso da quello che avevamo in mente: un elettorato che vive come un’urgenza la necessità di far tornare l’economia alla normalità, mentre Biden insisteva piuttosto sul virus e sulla mascherina”.

La stessa mobilitazione elettorale non ha favorito in modo netto i Dem. “Era legittimo ipotizzare che il più facile accesso al voto potesse agevolare i Democratici, facilitando quelle minoranze che votano meno, soprattutto al Sud. Tuttavia, alla polarizzazione dello scontro si è aggiunto il fatto che molti Stati in bilico fossero quelli vinti da Trump nel 2016: in questa prospettiva, si sono sentiti chiamati in causa anche coloro che di solito non votano, perché non sono particolarmente legati al partito o perché tanto fino a poco tempo fa ‘non c’era partita’. Trumpiani, più che repubblicani. Un buon esempio è quello del Texas”, rimasto al presidente uscente.

Donald non molla

Se dovesse perdere, come sembra, difficilmente il ‘modello Trump’ verrebbe archiviato come un’esperienza sporadica, un capitolo chiuso. Secondo Costa “Trump potrebbe uscire dalle elezioni con quasi 70 milioni di voti. E questo nonostante gli scandali e la pandemia”. Segno che dal punto di vista meramente elettorale “il suo approccio non è la soluzione peggiore per chi in futuro volesse fare carriera nel Partito repubblicano”.

Ragione in più, a giudicare dal sinistro discorso tenuto ieri nella East Room della Casa Bianca e dalle esternazioni su Twitter,per non mollare facilmente l’osso. “Mi sarebbe piaciuto essere stupito da un atteggiamento diverso di Trump”, conclude Costa. “Non sono nemmeno sicuro che farà i ricorsi dei quali parla: non ne vedo la base legale, se si parla del voto per posta; quanto alla richiesta di riconteggi, cause e controcause sono possibili, ma solo in caso di margini molto ridotti. In ogni caso, sono più spaventato dal possibile effetto che il messaggio sulle elezioni ‘rubate’ potrebbe avere sull’ordine pubblico.”

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