È finita: Biden conquista la Pennsylvania e il Nevada e vola alla Casa Bianca. Trump continua a dire che ci sono stati dei brogli, ma mente.
Joe Biden ha vinto in Georgia secondo le proiezioni della Cnn, che assegnano invece la North Carolina a Donald Trump. E con questa si direbbe che ormai la questione è davvero conclusa.
Joe Biden strappa a Donald Trump anche l'Arizona, secondo le proiezione dei media americani, e vola a 290 grandi elettori. Con il Nevada, l'Arizona avrebbe conferito comunque la vittoria a Biden anche qualora non avesse conquistato la Pennsylvania.
I network americani prevedono che i 3 grandi elettori dell'Alaska andranno a Trump. Non si tratta di una sorpresa e non cambia nulla nell'economia delle elezioni, dal momento che Joe Biden ha già superato i 270 elettori richiesti per diventare presidente.
COME SIAMO MESSI
E, infine, è arrivata la Pennsylvania a mettere fine a tre giorni e mezzo di estenuante attesa, di risultati provvisori che si aggiornavano col contagocce, di discorsi ripetuti all'infinito dai network americani, che nelle ultime ore si erano trovati più; volte a dover spiegare come funzionava il sistema delle proiezioni e a ribadire che, "sì; la direzione era chiara e inesorabile, ma mancava ancora qualcosa". Nel giro di poche decine di minuti migliaia di supporter del futuro 46esimo presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, sono defluiti sabato in mattinata (era pomeriggio inoltrato in Svizzera) nelle strade di diversi centri cittadini in un rilascio di tensione e giubilo che non ha precedenti nella storia delle elezioni americane. Alemeno così garantisce ne ha viste molte.
Folle festanti che hanno pacificamente occupato le strade anche attorno alla Casa Bianca, facendosi sentire chiaramente anche dal presidente Donald Trump, che in quel momento stava rientrando da una partita a golf e che non sembrava avere nessuna intenzione di riconoscere la sconfitta, insistendo sulla sua battaglia contro i "voti illegali" arrivati dopo la chiusura delle urne, ma inviati prima. E questo nonostante il pressing di alcune persone a lui vicini, tra cui – riportano fonti vicine all'attuale presidente – persino la moglie Melania (al di là del tweet ufficiale per sostenere il marito) e il genero Jared Kushner, suo consigliere personale.
Nel mentre Biden e la sua vice Kamala Harris, prima donna e prima donna di colore ad accedere alla vicepresidenza, si sono già messi al lavoro sulle priorità del loro governo.
COME SIAMO MESSI
Insomma, ormai ci siamo. L’elezione di Joe Biden a 46esimo presidente degli Stati Uniti non è ancora confermata, ma è già data quasi per scontata da tutti i più autorevoli media americani. Questo dopo un’altra giornata di spogli che ha lentamente deciso o consolidato il vantaggio dello sfidante democratico di Donald Trump in Arizona, Nevada, Georgia e perfino in quella Pennsylvania nella quale è nato e che all’inizio pareva saldamente in mano al presidente uscente, il quale a sua volta l'aveva strappata a Hillary Clinton. Tre i risultati che chiuderebbero la partita: una vittoria anche solo in Pennsylvania, una in Arizona più Nevada, oppure in Georgia e un altro qualsiasi degli Stati ancora in ballo.
Trump ovviamente non ci sta, come dimostra il suo ultimo discorso alla nazione, definito dalla Cnn “il più disonesto della sua presidenza”: uno sconclusionato susseguirsi di balle colossali su brogli mai avvenuti – “se si contano i voti legali vinco facile”, come no – dopo che aveva già chiesto di fermare il conteggio (avendo demonizzato il voto per corrispondenza, sa bene che ogni busta in più potrebbe essere una scheda per Biden). Alcuni dei maggiori network televisivi hanno perfino interrotto la diretta della filippica per intervenire con il fact-checking.
Se va avanti così, sarà comunque difficile che Trump possa essere salvato da un riconteggio o dalla Corte Suprema. Intanto però il suo comitato ha già presentato un ricorso in Nevada, dopo quelli in Michigan, Pennsylvania e Georgia, dove il riconteggio appare certo dato il margine davvero esiguo. E la rete di disinformazione che sostiene The Donald, dal portale dell’alt-right Breitbart a mille troll e pagine social, sta facendo la sua parte col ritornello #StopTheSteal (fermate il furto). Fedele alla sua immagine di vecchio zio benevolo, Biden ha invece scelto toni pacati, chiedendo “un po’ di pazienza” e osservando che “a volte la democrazia è un po’ incasinata”. Un modo per evitare che le manifestazioni di entrambi gli schieramenti degenerino, come qua e là è già capitato.
Sono ancora milioni i voti da contare in Stati-chiave come Wisconsin, Michigan, Pennsylvania, Nevada. A pesare, oltre alle schede ricevute per posta, anche i risultati nelle grandi città, tendenzialmente pro-Biden anche in Stati in cui è globalmente in vantaggio Trump: Atlanta in Georgia, Detroit in Michigan, Philadelphia in Pennsylvania. Un esempio chiaro di quanto pesino le città lo offre il Nevada: a Biden basta essere avanti nelle due contee più popolose, dove si trovano le città di Reno e Las Vegas, per mantenersi in vantaggio rispetto a Trump. Caso analogo in Wisconsin e Michigan, dove i voti di Milwaukee e Detroit hanno ribaltato la situazione o assottigliato il vantaggio di Trump. (M.N.)
Testa a testa anche per il Congresso: margine ridotto alla Camera per i Democratici (180 vs. 171), ancora più stretto al Senato (47 vs. 46)
Alla CNN si discute di percentuali fra Stato e singole contee: le grandi città e le schede inviate per posta potrebbero essere decisive nel "flippare" alcuni verdetti. (M.N.)
Si ribalta la situazione in Wisconsin, Biden recupera e sorpassa Trump di circa 10'000 voti quando manca circa ancora il 10% da scrutinare
A Biden i 4 voti delle Hawaii. Ancora non abbastanza per dire "Aloha" alle speranze di Trump. (M.N.)
"Oltraggiosa, senza precedenti e scorretta". Così Jen O'Malley Dillon ha definito l'uscita di Trump sulle presunte frodi elettorali. "Un palese tentativo di togliere i diritti democratici ai cittadini americani". Ed è stata ancora diplomatica (M.N.)
Occhi puntati sul Wisconsin, Trump in vantaggio ma i voti della popolosa Milwaukee in cui Biden è in netto vantaggio potrebbero ribaltare la situazione
Seguono tre ore di pisolino, ma i valenti colleghi terranno aggiornata la situazione, thanks
Quanto si è appena sentito dalla Casa Bianca ha dell'incredibile, perfino per gli standard di Donald Trump. Il presidente si è appena detto intenzionato a ricorrere alla Corte Suprema per fermare presunte frodi nel conteggio dei voti – una cosa fondamentalmente impossibile –, ha dichiarato la sua vittoria di fatto, ha accusato gli avversari di voler perpetrare “una truffa ai danni del pubblico americano”, di voler aggiungere surrettiziamente ai conteggi schede "che spuntano fuori alle 4 di mattina", di voler ricorrere ai tribunali per bloccare il suo successo. “Ora”, ha aggiunto dalla East Room, “il nostro obiettivo è assicurare l’integrità del voto”. Perché "per quanto mi riguarda abbiamo già vinto".
Nel suo discorso a braccio introdotto dalle fanfare, attribuendosi anche stati ancora in bilico e alludendo a brogli inesistenti, il presidente ha affastellato questa serie di accuse e insinuazioni senza sviluppare logicamente il suo ragionamento. L'impressione era quella di una compulsiva strizzata d'occhio alla parte più invasata del suo elettorato. "Eravamo pronti per festeggiare", ha detto, e invece "un gruppo tristissimo di persone sta cercando di privare" i suoi elettori "del diritto di voto, e noi non lo permetteremo". Alla fine anche il vicepresidente Mike Pence ha promesso di "rimanere vigile" e "proteggere l'integrità del voto".
Credo che nessuno possa ricordare un discorso del genere fatto da un presidente americano in carica: un discorso che delegittima il voto, la competizione elettorale, senza alcuna base legale e col rischio di infiammare le piazze. Boh. (L.E.)
Ora parla Trump.
Il giornalista che comanda la mappa touchscreen della CNN, quello elegantissimo coi capelli bianchi e i gesti da prestigiatore, quello che ingrandiva contee sconosciute e tirava fuori statistiche come un prestigiatore, prima si è messo a scarabocchiare numeri sul Midwest e adesso gli si è impallato il programma. Brutto segno.
Montana (3 voti) a Trump, che è anche avanti di 14 punti (!) in Pennsylvania col 66% dei voti, anche se i grandi centri come Philadelphia potrebbero ribaltare la situazione.
ATTENZIONE. Il Texas va a Trump. Un'altra occasione che sfuma davanti al naso di Biden. Sono 38 seggi che restano in mano all'uscente.
A questo punto l'espressione del giorno è la stessa che si vedeva nei 'sottopancia' televisivi: "nail-biter election", ovvero "elezioni da mangiarsi le unghie" (ma tradotto rende poco)
Intanto i 4 voti del piccolo Rhode Island vanno a Biden, come previsto.
Iowa (6 voti) era conteso, ma va a Trump proprio come quattro anni fa.
Trump invece continua ad accusare l'avversario via Twitter: "Stiamo andando alla grande, ma proveranno a rubare le elezioni. Non glielo permetteremo mai. Non si può votare a urne chiuse!" Un messaggio pericoloso e completamente privo di qualsivoglia fondamento.
We are up BIG, but they are trying to STEAL the Election. We will never let them do it. Votes cannot be cast after the Polls are closed!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) November 4, 2020
Biden ha appena parlato agli elettori a Wilmington, Delaware, al suo quartier generale. Ha confermato il suo ottimismo: "Siamo sulla strada giusta per vincere". Ma soprattutto ha ribadito, alla platea e a Trump: "Dobbiamo essere pazienti, aspettare fino al conteggio delle ultime schede". Un breve discorso prudente, fondamentale per calmare gli animi, ma inevitabilmente di circostanza e con qualche ombra di stanchezza sul volto e nella voce, dovuta magari alla rassegnazione: toccherà aspettare il Midwest, a quanto pare, e sarà lunga.
Attenzione. Associated Press e CNN assegnano la Florida a Trump. Era una vittoria fondamentale per restare in gara, e nient'affatto scontata. La situazione si fa sempre più contesa.
Minnesota (10 voti) a Biden, come previsto
Idaho a Trump, 4 voti elettorali, scontato.
Qualcosina in più: l'Ohio (18 grandi elettori) va a Trump. Sarebbe stata una buona vittoria per Biden: Trump aveva vinto anche nel 2016 ed era favorito nei sondaggi, ma non in maniera decisiva.
Biden vince in Virginia, altri 13 grandi elettori previsti e prevedibili.
Interessante intanto vedere che con tre quarti dei voti Biden è avanti di 8 punti in Arizona (11 voti), stato storicamente repubblicano.
Sempre per ammazzare il tempo, un pezzo da The Onion (nota per i distratti: è satira)
https://politics.theonion.com/poll-94-of-nation-would-rather-live-in-authoritarian-1845532103
Il Mississippi (6 voti) va a Trump. Sai che sorpresa.
COME SIAMO MESSI.
Sono le cinque passate e ancora non si è mosso granché. Sia Trump che Biden hanno vinto dov'era scontato che vincessero. La Florida sembra di Trump, il Texas è conteso per la prima volta dal 1976 (ultima vittoria Dem nel Lone Star State, con Jimmy Carter). Ci sarà da tenere d'occhio soprattutto l'arco di stati del Midwest che includono la Pennsylvania (20 grandi elettori), il Michigan (16) e il Wisconsin (10). L'elezione insomma potrebbe essere decisa in quell'America che fu il fulcro d'uno sviluppo industriale ormai relegato al passato remoto, la cui nostalgia aveva sospinto Trump quattro anni fa; qui si è sempre detto che Biden avrebbe saputo far meglio degli altri candidati democratici alle primarie, giudicati tutti troppo radicali o troppo 'diversi' dalle tute blu e da quell'elettorato bianco e (post)operaio che costituisce ancora un quarto degli elettori. Il campo di battaglia insomma si stringerebbe come nel 2016, ma si tratta anche degli Stati che potrebbero metterci di più (giorni? settimane?) a dirci chi diavolo ha vinto, in quest'elezione dominata dal voto anticipato e per posta.
Però anche l'Arizona, incuneata a sudovest e sempre più piena di liberal che gravitano attorno al polo tecnologico californiano, di popolazione urbana e di latinoamericani, potrebbe passare dai Repubblicani ai Democratici.
In pratica, siamo al punto di partenza.
California, Washington e Oregon – gli stati della costa Ovest – ormai vanno a Biden, ma neppure questa è una sorpresa.
Il gatto si è stufato di fissare la CNN e ha riguadagnato il termosifone.
New Hampshire a Biden, Louisiana, Kansas, Utah e Nebraska a Trump. Ora Biden 98 - Trump 95. Come dicono sempre a Corippo "it's not a landslide, it's a squeaker".
La CNN dà il New Mexico a Biden. Business as usual.
Un'osservazione interessante appena sentita alla CNN: questa è 'a turnout election, not a persuasion election'. Vince chi riesce a mobilitare di più i suoi, perché invece persuadere gli altri è impossibile, per quanto è divisa l'America.
Chiudono Iowa, Nevada, Utah e Montana, ma sono 'too early to call'
South Carolina (9 voti) e Alabama (9) li ha vinti Trump. Scontato anche questo, ma intanto possiamo dire che chi si aspettava una 'landslide', una valanga Dem, può scordarsela.
Per distrarsi un attimo, una selezione dei migliori spot elettorali di sempre.
Dwight Eisenhower, 1952:
Lyndon Johnson, 1964:
Ronald Reagan, 1984:
Bill Clinton, 1992:
I Democratici conserveranno la Camera. Il North Dakota (3 'seggi') va a Trump, il Colorado (9) a Biden. Come previsto.
In Florida Trump è davanti. Una delle 'crepe' che ci si aspettava di vedere nella sua performance pare l'abbia scongiurata, insomma.
Chiudono i seggi in Arizona, Colorado, Kansas, Louisiana, Michigan, Minnesota, Nebraska, New Mexico, New York, North Dakota, South Dakota, Texas, Wisconsin, Wyoming. Che New York (29 'seggi') vada a Biden non c’è dubbio, ma quelli combattuti sono Arizona (11), Minnesota (10) e Michigan (16). Il Michigan in particolare è da tenere d'occhio: è il modello di stato al quale si guarda per misurare il polso dei 'blue-collar whites', gli operai bianchi 'fregati' dalla deindustrializzazione che Trump aveva saputo convincere 4 anni fa, ma tra i quali Biden era considerato durante le primarie il più forte dei Dem.
Ma perché il Texas sta andando verso i Democratici? Era lo stato-roccaforte della famiglia Bush, la culla dell'avanzata repubblicana nota come 'Right Nation'. L'ultimo Dem a vincerlo fu Jimmy Carter nel 1976. Conta il lavoro di base del partito, certo, ma anche significativi cambiamenti demografici e sociali: l'aumento della popolazione latinoamericana, ad esempio, ma anche l'evoluzione dell'economia dal petrolio all'informatica, che ha portato in Texas professionisti simili a quelli della Silicon Valley, storicamente più progressisti. Il voto per corrispondenza e la grande mobilitazione di quest'anno hanno poi 'attivato' maggiormente tanto il Latinos quanto gli Afroamericani, tendenzialmente Dem ma poco avvezzi al voto (i texani votano pochissimo, di solito). Infine va detto che su temi cruciali come l'immigrazione il conservatorismo di Bush – preferito in TX – era più pragmatico e moderato di quello di Trump, un altro aspetto che potrebbe fare la differenza.
CNN ancora non conferma, ma secondo Associated Press e altri l'Arkansas (6 voti) dovrebbe andare a Trump. Once again, no surprise (come dicono a Corippo)
In Texas, con metà dei voti scrutinati Biden è davanti 52 a 47% – i sondaggi lo dicevano, ma è clamoroso comunque –, mentre in Florida Trump è davanti di due punti a scrutinio quasi completo.
Un interessante minireportage del New York Times da Minneapolis, la città dove è stato ucciso George Floyd:
CNN assegna diversi stati, ma tutti 'scontati': a Biden Delaware, District of Columbia (dove c'è... vabbè, s'è detto), Maryland, Massachusetts, Vermont.
A Trump vanno come previsto il Tennessee, il Kentucky e l'Oklahoma, uno degli stati più conservatori dell'Unione, preso spesso in giro per lo stereotipo – ma neanche troppo – che lo vuole un posto di gente piuttosto ruspante. 'Okie' era il termine col quale i suoi abitanti venivano chiamati dai californiani quando migravano a Ovest negli anni Trenta, perseguitati dalla depressione e dall'inaridimento della Dust Bowl (letteralmente, la conca di polvere). È la stessa storia della famiglia Joad, raccontata nelle pagine di 'Furore' di Steinbeck.
Un Okie orgoglioso – e un maestro del country – per distrarsi un attimo:
Chiudono i seggi in Alabama, Connecticut, Delaware, Florida, Illinois, Maine, Massachusetts, Maryland, Mississippi, Missouri, New Hampshire, New Jersey, Oklahoma, Pennsylvania, Rhode Island, Tennessee, District of Columbia (dove c’è Washington, ma se siete qua a quest’ora lo saprete).
Vermont a Biden, ma si sapeva e poi son solo 3 voti.
Chiudono North Carolina – combattuto e importante –, Ohio e West Virginia. Cnn li dà tutti 'too early to call', non ancora assegnabili.
Nel frattempo Trump è risalito alla pari di Biden in Florida, dove DEVE vincere (o quasi) per rimanere in gara.
"La complessità della Florida è ciò che la rende così affascinante", dice l'uomo del touchscreen. Non Disneyworld e i pensionati con le infradito sui carrettini da golf. Non la cascata artificiale del Fontainebleau (sic) Hilton di Miami, dove hanno girato certi film con Bud Spencer e Terence Hill. E neanche le paludi del nord, che quando ci passi sopra su certi bimotore ti dici "se casco mi mangiano gli alligatori". Stanotte "affascinante" è il fatto che potrebbe dirci chi vince e chi perde, oppure se ci vorranno mesi per capirlo (vi ricordate Bush vs. Gore?).
Stavolta, però, l'abitudine dello stato a gestire il voto anticipato potrebbe anche fornirci un segnale anticipato della tendenza generale, soprattutto se fosse Biden a vincerne i 29 voti. Ora la Cnn lo dà avanti di un piccolo paio punti, ed entrambi i candidati hanno mobilitato la base per affrettare il voto dell'ultimo minuto.
L'altro stato grande (20 voti) da tenere d'occhio è la Pennsylvania: Biden è favorito di un'incollatura, e se Trump perde qua sarà difficile che porti a casa il voto nazionale.
Attualmente Cnn assegna 11 grandi elettori a Trump e nessuno a Biden, assegnando solo l'Indiana. Ma non significa nulla. (Quindi perché lo scrivo? Boh, per far capire che si comincia a fare la conta, suppongo)
Chiudono ora Georgia, Indiana, Kentucky, South Carolina (previsti pro-Trump), Vermont e Virginia (pro-Biden). In gioco ci sono 60 grandi elettori.
Non fidatevi delle proiezioni che vedete circolare ora, neanche tra gli stati che paiono già scontati. Sarà già difficile capirci qualcosa tra un paio d'ore, anche perché l'enormità di schede inviate per posta scombina tutte le proiezioni e i conteggi.
Una delle cose più affascinanti della diretta Cnn è sempre il tipo coi capelli bianchi che gioca col touchscreen della mappa elettorale e dice cose come “A Bowling Green, Kentucky, Trump sta andando come quattro anni fa”. E te lo dice lui stesso che non ha idea di cosa possa significare, perché Bowling Green ha cinquantamila abitanti a star larghi. Ma si muove con gesti talmente eleganti che ti viene da fare lo stesso ‘sì sì’ con la testa e magari comprargli una bici o un set di pentole, come nelle vecchie televendite.
L'affluenza alle urne, secondo dati preliminari, potrebbe raggiungere il 67%, la più alta da oltre un secolo. In almeno sette Stati l'affluenza ha già nettamente superato quella del 2016. Quattro anni fa votarono complessivamente 139 milioni di americani, il 59,2% della popolazione che aveva i requisiti per votare. (ANSA)
Secondo molti osservatori l'affluenza elevata potrebbe favorire i Dem (L.E.)
L’importante sito di previsioni elettorali FiveThirtyEight prevede che la Camera resterà in mano democratica (e calcola un 75% di possibilità che diventi 'blu' anche il Senato)
https://fivethirtyeight.com/live-blog/2020-election-results-coverage/
Un exit poll interessante della Cnn. Difficile dire chi possa favorire, però: l'economia è in recessione ora per il coronavirus, ma nei primi tre anni di Trump continuava a crescere. In ogni caso, di solito una recessione penalizza sempre il presidente uscente (come diceva Bill Clinton: "It's the economy, stupid!")
CNN Exit Poll:
— Political Polls (@PpollingNumbers) November 3, 2020
Most Important Issue In Your Vote:
Economy: 34%
Racial Inequality: 21%
Covid19: 18%
Crime/Safety: 11%
Healthcare: 11% pic.twitter.com/XcrNtKEGuM
Intanto, un promemoria: stanotte si rinnovano anche tutta la Camera, un seggio su due al Senato in 34 Stati su 50, ed entrambi in Georgia dove il secondo si è dimesso. Poi si vota per il governatore in Delaware, Indiana, Missouri, Montana, New Hampshire, North Carolina, North Dakota, Utah, Vermont, Washington, West Virginia e i territori di Puerto Rico e Samoa. E poi a livello statale parlamenti locali, giudici, referendum...
Si comincia. Intanto un piccolo promemoria: sarà difficile che Donald Trump prenda più voti in assoluto di Joe Biden, ma potrebbe comunque vincere se conquistasse la maggioranza dei grandi elettori (tutti gli stati tranne Nebraska e Maine li assegnano in blocco a chi vince anche di un solo voto). Per vincere servono 270 grandi elettori. Gli stati in bilico sono Minnesota (Biden favorito), Nevada (Biden favorito), Texas (in bilico, ma se Trump perde qui è molto probabilmente fuori), Wisconsin e Michigan (dove Biden è favorito ma la classe operaia bianca potrebbe ribaltare il risultato), e poi Florida, Georgia, North Carolina, Ohio e Arizona, molto in forse. Nebraska e Maine son fatti strani, nel senso che danno due grandi elettori a chi ha la maggioranza assoluta, ma ne assegnano altri a chi vince in ogni singolo collegio (gli stessi definiti per l'elezione del Congresso).
Biden è nettamente favorito nei sondaggi, ma non sappiamo quanto contino i loro campioni statistici in tempi di Covid-19 e voto per corrispondenza. E poi ricordatevi la povera Hillary. In più Trump potrebbe contestare l'esito in alcuni Stati – in Pennsylvania ad esempio – come ha già esplicitamente fatto presente.
Insomma, sarà una lunga notte: piano con la frittatona di cipolle, sennò dormite subito (e chissà in che mondo vi risvegliate).