Estero

Sciopero generale in Bielorussia contro Lukashenko

Scaduto l'ultimatum dell'opposizione per le dimissioni del presidente bielorusso, è scattato lo sciopero generale. Almeno 200 gli arresti fra i manifestanti.

(Keystone)
26 ottobre 2020
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In Bielorussia è scattato lo sciopero generale. Studenti, lavoratori, piccoli commercianti e pensionati hanno incrociato le braccia contro il regime di Aleksandr Lukashenko dopo che il presidente bielorusso ha ignorato l'ultimatum lanciatogli dall'opposizione di dimettersi entro la mezzanotte di domenica. Gli operai si sono radunati davanti agli ingressi delle fabbriche scandendo slogan contro "l'ultimo dittatore d'Europa" mentre gli studenti universitari hanno sfilato in corteo tra cori e canti.

Nel pomeriggio circa 3000 persone hanno attraversato il centro di Minsk accompagnate dall'immancabile vecchia bandiera nazionale rossa e bianca. La polizia però non è stata a guardare e gli arresti sono ancora una volta nell'ordine delle centinaia. L'ong per la difesa dei diritti umani Viasna stima che siano almeno 200 i manifestanti trascinati con la forza nelle camionette della polizia. Si aggiungono ai 523 che - secondo il ministero dell'Interno - sono stati arrestati domenica, quando decine di migliaia di bielorussi sono scesi in piazza nell'undicesima domenica consecutiva di protesta contro l'inverosimile trionfo di Lukashenko con l'80% dei voti alle presidenziali del 9 agosto, con ogni probabilità frutto di massicci brogli elettorali.

Lo sciopero può essere un importante strumento di pressione sul regime di Lukashenko, ma il controllo sui media esercitato dal governo di Minsk rende difficile capire quale sia esattamente la sua portata. La testata online Tut.by ha pubblicato dei video che mostrano le fabbriche vuote e gli studenti che escono dalle università. Decine di bar, ristoranti e caffè sono rimasti chiusi ma i grandi supermercati sono aperti e la portavoce del primo ministro assicura che la situazione è sotto controllo e che "la produzione" nelle fabbriche "non è stata bloccata".

L'ultimatum contro Lukashenko era stato lanciato un paio di settimane fa da Svetlana Tikhanovskaya, la principale candidata dell'opposizione alle presidenziali di agosto che alcuni ritengono la vera vincitrice delle elezioni. Dalla Lituania, dove è stata costretta a emigrare dopo il voto, Tikhanovskaya aveva annunciato che se entro il 25 ottobre Lukashenko non si fosse dimesso mettendo fine alle violenze contro i dimostranti pacifici e liberando i prigionieri politici, sarebbe iniziato "uno sciopero nazionale". La promessa è stata mantenuta. L'economia bielorussa però è per il 70% nelle mani dello Stato e nei mesi scorsi operai e impiegati pubblici sono già stati minacciati di licenziamento per gli scioperi contro il padre padrone della Bielorussia. Resta quindi da vedere come si evolverà la situazione.

Di certo, a quasi tre mesi dal voto, la protesta in nome della democrazia è tutt'altro che spenta.

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