Estero

Dopo Erdogan anche il premier pachistano attacca Macron

Si estende al mondo musulmano lo scontro tra Francia e Turchia provocato dalla polemica sulle vignette di Maometto

(Keystone)
25 ottobre 2020
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Roma – Si inasprisce ulteriormente, e si allarga pericolosamente nel mondo musulmano, lo scontro fra la Francia e la Turchia innescato dalla polemica sulle vignette di Maometto.

Dopo il richiamo dell'ambasciatore di Parigi ad Ankara, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan torna alla carica riaffermando che il suo omologo francese Emmanuel Macron ha bisogno di sottoporsi ad "esami mentali". Mentre il premier pachistano Imran Khan lo accusa di "incoraggiare l'islamofobia" e nelle piazze palestinesi si assiste alle prime, seppur limitate, manifestazioni di protesta.

Erdogan non ha tenuto in alcun conto la richiesta dell'Alto rappresentante per la politica estera della Ue, Josep Borrell che, giudicando "inaccettabili" le frasi da lui pronunciate sabato in cui metteva per la prima volta in dubbio l'equilibrio mentale di Macron, lo ha invitato a "cessare questa pericolosa spirale di scontro".

Al contrario, il presidente turco sembra intenzionato più che mai a tenere alto il livello di una polemica in cui la difesa dell'Islam sembra funzionale all'affermazione degli interessi geopolitici di Ankara. Non è un mistero che tali interessi abbiano portato da tempo la Turchia in rotta di collisione con la Francia su vari scenari, dalla Libia al Mediterraneo Orientale, al Nagorno Karabakh.

Ma Erdogan rilancia la sua sfida anche agli Usa e alla Nato intera, dopo le minacce di sanzioni americane per il primo test, il 16 ottobre scorso, del sistema di difesa anti-aerea S-400 acquistato dalla Russia: "Applicatele pure - ha affermato il sultano in un discorso trasmesso dalla televisione - noi non siamo uno Stato tribale, siamo la Turchia".

Che sia usata in modo più o meno strumentale, la questione delle vignette di Maometto resta un argomento esplosivo, potenzialmente capace di provocare nel mondo musulmano le reazioni delle popolazioni e dei loro leader interessati a cavalcare le proteste. E' il caso appunto del premier pachistano, messo alle strette nelle ultime settimane da una serie di manifestazioni antigovernative promosse da una coalizione di 11 partiti dell'opposizione.

"Attaccando l'Islam, chiaramente senza averne nessuna comprensione, il presidente Macron ha attaccato e ferito i sentimenti di milioni di musulmani in Europa e nel mondo", ha tuonato Imran Khan.

Al centro dello scontro sono le frasi pronunciate da Macron durante la solenne cerimonia in onore di Samuel Paty, l'insegnante ucciso da un giovane immigrato ceceno dopo aver mostrato durante una lezione sulla libertà d'espressione alcune delle vignette su Maometto pubblicate da Charlie Hebdo.

"Non rinunceremo alle vignette, anche se altri indietreggiano, perché in Francia i Lumi non si spengono", aveva affermato il presidente francese, che in questi giorni ha anche denunciato un "separatismo islamico" e affermato l'esigenza di "strutturare l'Islam" in Francia.

Le prime reazioni delle piazze si sono registrate tra i palestinesi, con una manifestazione di 200 persone a Tel Aviv, davanti alla residenza dell'ambasciatore francese in Israele, e nella Striscia di Gaza, dove sono state bruciate fotografie di Macron.

Hamas, che controlla la Striscia, ha affermato che gli "insulti nei confronti di religioni e di profeti" favoriscono "una cultura dell'odio". E una protesta formale viene anche dal governo giordano, secondo il quale la pubblicazione delle caricature "provoca amarezza in due miliardi di musulmani".

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