Stati Uniti

Spunta il conto bancario in Cina, tegola per Trump

Secondo il New York Times è intestato alla Trump International Hotels Mangement. Il legale dell'azienda: non è attivo dal 2015

Donald Trump (Keystone)
21 ottobre 2020
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Donald Trump ha un conto bancario in Cina. Non personale, ma intestato a una delle società dalla sua famiglia, quella Trump International Hotels Management che per anni ha cercato senza successo di fare affari nel Paese asiatico. E dal 2013 al 2015 le tasse versate al governo di Pechino ammontano a quasi 200 mila dollari.

A svelarlo è stato il New York Times, sferrando un nuovo colpo basso nei confronti del presidente americano a meno di due settimane dal voto e alla vigilia dell'ultimo dibattito presidenziale con Joe Biden.

Una vera e propria tegola che cade sulla testa di un Trump che appare sempre più in difficoltà. Un Trump che in pubblico mostra grande sicurezza e ottimismo, con i bagni di folla ostentati come prova di forza, ma che dietro le quinte viene descritto sempre più nervoso e irascibile.

Nervi a fior di pelle

L'ultima dimostrazione sarebbe la registrazione dell'intervista alla popolare trasmissione '60 Minutes', in onda la domenica sulla Cbs, bruscamente interrotta e seguita da un duro attacco alla giornalista Lesley Stahl: "Sto pensando di postare l'intervista prima che vada in onda, così che tutti possano farsi un'idea di cosa sia un'intervista falsa e faziosa!", ha twittato il presidente Usa, definendo il lavoro della reporter "una terribile intrusione elettorale".

Nervi a fior di pelle dunque, con i sondaggi che danno sempre in gran vantaggio Biden: l'ultimo di YouGov, realizzato per l'Economist, di 8 punti. Con una mossa rara poi, anche un componente della commissione che organizza i duelli tv tra i candidati alla Casa Bianca ha replicato agli attacchi di Trump, contrario ai microfoni silenziati. Attacchi definiti "sbagliati" e motivati solo dalla strategia elettorale.

Certo, le rivelazioni del Nyt non contribuiscono a placare The Donald, e arrivano nel momento in cui il presidente sta producendo il massimo sforzo per convincere gli elettori dell'esistenza di rapporti poco trasparenti tra la famiglia Biden e Pechino, accusando l'ex vice di Obama di corruzione. Accuse che affondano le radici nelle email contenute nel presunto personal computer di Hunter Biden che ora sarebbe al vaglio dell'Fbi.

La vicenda ricostruita

Intanto il Times, sulla base delle informazioni ottenute sulle dichiarazioni fiscali del presidente, ha ricostruito la vicenda del conto bancario in Cina. Conto che risalirebbe ai primi tentativi di Trump di fare affari nel Paese asiatico nel periodo della sua prima campagna presidenziale del 2000, quando in Cina fu aperto anche un ufficio per esplorare la possibilità di costruire alberghi di lusso in stile Trump Tower.

Il tutto chiaramente comportava contatti e negoziazioni con società controllate dal governo di Pechino. E l'apertura di un conto presso una delle più grandi banche cinesi: sulle carte del Nyt la banca non compare, ma si pensa sia la Industrial & Commercial Bank of China, che negli anni scorsi aveva anche affittato tre piani sotto casa del presidente nella Trump Tower sulla Fifth Avenue di Manhattan.

L'esistenza del conto bancario è stata quindi confermata da Alan Garten, uno dei legali della Trump Organization, che ha spiegato come la decisione si rese necessaria per poter pagare le tasse locali dopo l'apertura dell'ufficio in Cina. "Ma nessun accordo, nessuna transazione o altre attività sono mai passate per quel conto, che rimane aperto ma che dal 2015 - ha spiegato il legale - è praticamente inattivo".

Almeno altri due i conti all'estero sono riconducibili al presidente americano: uno nel Regno Unito e uno in Irlanda, intestati alle società che gestiscono i golf club di Trump in Scozia e in Irlanda.

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