Estero

Navalny: 'C'è Putin dietro il mio avvelenamento'

Nella sua prima intervista dopo l'episodio del 20 agosto, il leader dell'opposizione russa annuncia il suo rientro in patria

Alexei Navalny in ospedale (Keystone)
1 ottobre 2020
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Tra Alexey Navalny e il Cremlino ormai è scontro totale. Il principe degli oppositori russi ha infatti rilasciato un'intervista alla rivista Spiegel, la prima da quel 20 agosto in cui si è sentito male in aereo, scagliandosi senza mezzi termini contro il presidente Vladimir Putin. "Io affermo che c'è Putin dietro questo crimine, non ho altre spiegazioni per quel che è successo", ha raccontato ai giornalisti tedeschi dopo una vera e propria dichiarazione d'amore per la Germania, che gli ha "salvato la vita". Parole che hanno fatto impazzire di rabbia il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov: "D'altra parte lavora per la Cia", ha commentato Peskov, lanciando l'infamante (per un russo) accusa. Certo, non è la prima volta che un alto funzionario del governo mettere in relazione Navalny ai servizi segreti occidentali. Sino ad oggi il più alto in grado è stato Vyacheslav Volodin, il presidente della Duma. Che in mattinata è stato il più rapido a reagire all'intervista di Navalny. "Putin gli ha salvato la vita", ha dichiarato Volodin. "Tutti - dai piloti, ai medici, al presidente - hanno sinceramente lavorato per salvargli la vita. E solo una persona indecente può fare affermazioni del genere", ha aggiunto Volodin. Poi l'affondo: "Navalny sta collaborando con i servizi di sicurezza e le autorità dei Paesi occidentali, sta servendo i loro interessi", ha ribadito Volodin.
Ma la banda larga tra Berlino e Mosca oggi funzionava benissimo. Navalny ci ha messo pochissimo a intercettare le dichiarazioni e rispondere per le rime al capo della Duma. "Ancora una volta non capisco. Salvato da cosa? Le autorità russe negano l'avvelenamento. Se crediamo alle loro versioni e alle parole dello stesso Putin, dovrei essere stato salvato solo dalla vodka (fatta in casa), dal diabete e dalle simulazioni di avvelenamento", ha scritto su Twitter.
Ma, appunto, per Volodin non si tratta di una prima assoluta. Per il Cremlino invece sì. "Sappiamo che gli specialisti della Cia stanno lavorando con lui in questi giorni. E non è la prima volta che gli vengono date varie istruzioni", ha detto Peskov dopo aver definito "offensive, infondate e inaccettabili" le dichiarazioni di Navalny allo Spiegel. Così è partito un altro ping-pong. "Sapete che raramente faccio causa ai propagandisti, anche se mentono su di me tutto il giorno: non voglio perdere tempo", ha scritto Navalny sul suo sito. "Tuttavia, questa è una dichiarazione di un funzionario del governo. Pertanto, in primo luogo, farò causa a Peskov. E in secondo luogo esigo la pubblicazione delle prove che indicano che io lavoro 'con gli specialisti della Cia'. Mostratele direttamente in Tv, in prima serata", ha tuonato Navalny.
Insomma, quel poco di aplomb istituzionale che era rimasto, è scomparso. Il numero uno dell'opposizione russa, d'altra parte, ha praticamente minacciato Mosca. "Non farò a Putin il regalo di non ritornare in Russia. Non tornare vorrebbe dire che Putin ha raggiunto il suo scopo. Il mio obiettivo è ora tornare in forma il prima possibile, così potrò rientrare", ha confidato ai giornalisti. Il Cremlino, sino adesso, ha sempre sostenuto che Navalny era libero di "rientrare" in patria. Ora chissà.

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