Estero

Trump vuole stringere i tempi del dopo Ginsburg

I democratici ventilano l'ipotesi dell'impeachment per fermare il processo di ratifica della nuova eventuale nomina

21 settembre 2020
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Donald Trump stringe i tempi per la nomina alla Corte suprema del successore di Ruth Bader Ginsburg e annuncia la sua scelta in una rosa di quattro, cinque candidate per venerdì o sabato, dopo i funerali dell'icona liberal a metà settimana, e alla vigilia del primo duello tv con Joe Biden.

Una accelerazione per consentire al Senato, controllato dai repubblicani, di confermare la nomina in tempi record prima dell'election day del 3 novembre, sfidando i democratici che però minacciano un nuovo impeachment per abuso di potere. O, più prosaicamente, per impegnare il Senato in un compito che gli impedisca di ratificare l'eventuale nomina fatta dal presidente.  "Quando hai i voti puoi fare quello che vuoi" ha spiegato Trump a Fox News. "E se i Dem mi metteranno sotto impeachment per aver fatto il mio dovere costituzionale, vinceremo tutte le elezioni, riconquistando pure la Camera", ha aggiunto il presdiente, per ora sempre indietro nei sondaggi e nella raccolta fondi (141 milioni meno del rivale).

Il presidente ha messo in dubbio anche le ultime volontà della Ginsburg, la quale prima di morire aveva lasciato scritto alla nipote che il suo "più fervente desiderio è di non essere rimpiazzata prima che si insedi un nuovo presidente". "Non so se lo ha detto o se è stato scritto da Adam Schiff, da Nancy Pelosi o Chuck Schumer, sarei più incline per la seconda" ipotesi, ha insinuato riferendosi rispettivamente al presidente della commissione intelligence della Camera, alla speaker del ramo basso del Parlamento e al leader dem al Senato.

Il presidente non vuole lasciarsi scappare l'occasione di nominare il suo terzo giudice alla corte suprema cementando una maggioranza conservatrice che sarà chiamata a pronunciarsi su questioni decisive per la vita politica e sociale americana, dall'aborto all'immigrazione, dall'ambiente alla probabile controversia sul conteggio dei voti. Come accadde nel 2000 con la vittoria di George W. Bush su Al Gore per un pugno di schede in Florida. Un modo anche per aumentare il consenso nella base evangelica e cattolica. Rafforzando inoltre la presa sull'elettorato femminile con la candidatura di una donna.

In pole c'è la quarantottenne giudice del circuito della corte d'appello di Chicago Amy Coney Barrett, una ex assistente del defunto giudice conservatore della corte suprema Antonin Scalia nota per le sue posizioni anti abortiste. Ma c'è anche la cinquantaduenne cubano-americana Barbara Lagoa, del circuito della corte d'appello di Atlanta, primo giudice ispanico della corte suprema della Florida: un nome che potrebbe spostare un po' di voti nello Stato forse più in bilico, dove i latinos saranno decisivi.

I dem ritengono che un presidente in scadenza dovrebbe evitare di fare nomine del genere e denunciano l'ipocrisia dei repubblicani, che nel 2016 bloccarono con la stessa motivazione la conferma di Merrick Garland, candidato da Barack Obama alla corte suprema otto mesi prima delle elezioni. Pelosi è arrivata a non escludere l'impeachment di Trump o del ministro della giustizia William Barr tra le opzioni per bloccare l'iter di conferma al Senato. Una mossa che appare disperata ma che è condivisa anche dalla giovane Alexandria Ocasio Cortez.

"È un abuso di potere", ha attaccato Joe Biden lanciando un appello ai senatori repubblicani: "seguite la vostra coscienza, lasciate che parli il popolo col voto, raffreddate le fiamme che stanno divorando il nostro Paese", ha ammonito l'ex vicepresidente, che in caso di vittoria si è impegnato a nominare la prima giudice donna afroamericana della corte suprema. Ma finora solo due senatrici del Grand Old Party, Susan Collins e Lisa Murkowski, si sono dette contrarie alla conferma prima del voto. Silenzio al momento da Mitt Romney. In ogni caso servirebbero quattro senatori dissidenti per far venire meno la maggioranza semplice richiesta.

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