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L'inchiesta sui camici cerca i soldi in Svizzera

I depositi del presidente della Lombardia Attilio Fontana diventano oggetto delle indagini dei pm

28 luglio 2020
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È stato l'ufficio legale di Aria, la centrale acquisti di Regione Lombardia, a dare il parere negativo e quindi a non accettare la donazione di camici da parte della Dama, società di cui il cognato del governatore della Lombardia Attilio Fontana, Andrea Dini, è amministratore delegato e la moglie ha una quota del 10%. È un particolare che emerge dalle indagini sulla vicenda della fornitura - nel momento dell'emergenza Coronavirus - di 75 mila camici e altri dispositivi di protezione individuale per oltre mezzo milione di euro e trasformata in corso d'opera in donazione. Donazione di "non modico valore" che, secondo il codice, necessita dell'atto pubblico notarile e della presenza di due testimoni. Quindi non era sufficiente la mail mandata da Dini lo scorso 20 maggio all'allora dg di Aria Filippo Bongiovanni per revocare il contratto di fornitura. Bisognava seguire una procedura più complessa, in mancanza della quale è ancora operativo l'ordine al centro dell'inchiesta che sta scuotendo il Pirellone. In più, a contribuire al rigetto del cospicuo regalo è stato anche il conflitto di interessi che, in base all'ipotesi investigativa, sarebbe stato nascosto.

Ieri i pm Luigi Furno, Paolo Filippini e Carlo Scalas, titolari del fascicolo con l'aggiunto Maurizio Romanelli, si sono riuniti più volte per fare il punto della situazione in vista dei prossimi passi dell'indagine in cui tra gli indagati per frode in pubbliche forniture figura Fontana, oltre a Dini, Bongiovanni (entrambi accusati anche di turbata libertà nella scelta del contraente) e a una funzionaria di Aria. Ieri avrebbero concluso un primo giro di audizioni e tra le le persone ascoltate, da quanto si è saputo, accanto ai tecnici della Consip lombarda, è stato convocato anche un fornitore di tessuti per camici.

Se da un lato il cuore dell'inchiesta riguarda la fornitura con tutte le sue anomalie, dall'altro la Procura ha acceso un faro sul conto in Svizzera con depositati 5,3 milioni del presidente della Lombardia. Si tratta di una somma scudata nel 2015 proveniente dai conti associati a due trust alle Bahamas creati dalla madre del presidente della Lombardia: uno che risale al 1997 il cui capitale nel 2005 è confluito in un secondo trust gestito da una fondazione a Vaduz nel Liechtenstein sulla quale, oltre alla madre, aveva l'operatività pure Fontana. L'esistenza del patrimonio milionario detenuto alla Ubs di Lugano (Fontana è stato multato dall'Anac per aver omesso la dichiarazione dello stato patrimoniale relativa al 2016, quando era ancora sindaco di Varese) è emersa proprio perché dal conto elvetico di Fontana sarebbe dovuto partire il bonifico di 250 mila euro, poi bloccato in quanto operazione sospetta dall'Uif della Banca d'Italia, a titolo di risarcimento al cognato per il mancato profitto derivato dalla trasformazione della fornitura in donazione.

I pm ora intendono ricostruire, in base alla documentazione che la Guardia di Finanza ha raccolto presso l'Unione Fiduciaria, le movimentazioni di quel conto che non sarebbe stato dormiente e mettere a fuoco le entrate e le uscite registrate negli ultimi anni in particolare nel periodo precedente sua regolarizzazione con la voluntary disclosure. Proprio sui fondi all'estero del governatore oggi sono tornate ad arrivare le critiche dell'opposizione in Consiglio regionale con il democratico Pietro Bussolati che si è presentato in aula con le bandiere di Bahamas e Svizzera e, per qualche secondo, anche un naso da Pinocchio e il capogruppo dei 5stelle Massimo De Rosa che ha ironizzato sui "tesori straordinari" del presidente della Lombardia.

I militari del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di finanza, su delega della Procura di Milano, in serata hanno proceduto a delle perquisizioni presso la Dama spa, l'azienda di cui è amministratore delegato Andrea Dini, cognato del governatore lombardo Attilio Fontana, e che è al centro del caso camici in Lombardia in cui risultano entrambi tra gli indagati. Da quanto si è appreso, le Fiamme Gialle stanno cercando elementi probatori relativi alla mancata consegna di 25 mila camici avvenuta dopo che la fornitura di 75 mila pezzi si è trasformata, nelle intenzioni dichiarate, in donazione.

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