Estero

Barr si difende al Congresso: 'Non ho nulla da dimostrare'

Il ministro della Giustizia statunitense incalzato sulla sua incondizionata lealtà a Trump

28 luglio 2020
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William Barr non ha "niente da dimostrare" al Congresso degli Stati Unitit, davanti al quale si è presentato in audizione, a più di un anno dalla nomina a segretario alla Giustizia. Barr vi era atteso per rispondere alle accuse di incondizionata lealtà a Donald Trump a scapito di una gestione equa del dicastero.

Durissima l'invettiva del presidente della commissione giustizia della Camera Jerrold Nadler, che ha accusato Barr di "aiutare e favorire" il presidente e di aver avallato una "pericolosa" gestione delle proteste. Nadler ha accusato Barr anche di aver "palesemente distorto" le conclusioni delle indagini sul Russiagate condotte dall'ex procuratore speciale Robert Mueller.

"Barr ha fallito nella sua missione - ha affermato Nadler - la missione di essere un ministro imparziale nell'applicare la legge e nell'attuare le leggi a difesa dei diritti civili. La sua gestione è stata caratterizzata da una guerra continua contro i funzionari chiave del suo dipartimento in un evidente tentativo di garantire favori al presidente Trump".

Non ci sono precedenti, ha proseguito Nadler, "di un dipartimento di giustizia che ha cercato lo scontro con cittadini americani che manifestavano, giustificando la sua azione con fragili pretesti o futili motivi". Le priorità di Barr sono chiare: Trump first, America second".

La replica di Barr non ha sorpreso: "Non ho niente da dimostrare", ha sostenuto il ministro. "Prima di essere nominato ministro della giustizia non avevo alcun rapporto con Donald Trump", ha aggiunto. "L'eccessivo uso della forza da parte della polizia è inaccettabile - ha concesso - ma dopo la morte di George Floyd la polizia è stata demonizzata e gli anarchici hanno preso in ostaggio le proteste". La stessa fotografia, guarda caso, scattata da Trump.

Barr ha quindi respinto la tesi di una politicizzazione del Dipartimento della giustizia americano sotto la sua gestione. "Il presidente non ha mai tentato di interferire nelle mie decisioni. Anzi, fin dal primo momento mi ha detto che si aspettava da me l'esercizio di un giudizio indipendente, ed è quello che ho fatto". Quanto alle sue decisioni in favore di alcuni alleati di Trump finiti in guai giudiziari, come Roger Stone o Michael Flynn, il ministro ha sostenuto: "Gli amici del presidente non meritano trattamenti speciali, ma non meritano nemmeno di essere trattati più duramente degli altri". "Le mie decisioni - ha aggiunto - sono state solo mirate a ripristinare lo stato di diritto".

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