Croazia

Croazia, ampia vittoria dei conservatori

Confermati i dati degli exit poll: l'Unione democratica croata con 66 seggi. Dura sconfitta per il centrosinistra. I Verdi per la prima volta in parlamento

Andrej Plenkovic (Keystione)
6 luglio 2020
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In Croazia lo spoglio delle schede praticamente terminato conferma la larga vittoria elettorale dell'Unione democratica croata (Hdz), il partito conservatore del premier Andrej Plenkovic, al quale nelle legislative di ieri è andato il 37,3 per cento dei voti.

Si tratta di appena un punto percentuale in più rispetto a quattro ani fa, ma la matematica del sistema elettorale garantisce ai conservatori 66 mandati parlamentari sul totale di 151, cinque in più di quelli ottenuti nelle elezioni nel 2016. Gli analisti prevedono che Plenkovic non avrà eccessive difficoltà a formare una stabile coalizione di governo, alla quale si uniranno probabilmente anche gli otto deputati delle minoranze etniche.

Dura sconfitta per il centrosinistra

Il centrosinistra, unito nell'ampia coalizione Restart guidata dai socialdemocratici, ha subito invece una dura sconfitta ottenendo il 24,9 per cento a livello nazionale, il risultato peggiore in più di vent'anni, e il leader della coalizione Davor Bernardic, ammettendo la disfatta, si è detto 'pronto ad andarsene'.

Al terzo posto con l'11 per cento figura la destra nazionalista e sovranista, mentre il partito Most (destra cattolica) ha ottenuto il 7,5 per cento dei voti.

La novità: i Verdi

La grande novità delle elezioni di ieri è stato il successo dei Verdi, che con il 7 per cento sono diventati la quinta forza politica nel Paese, entrando per la prima volta nel parlamento di Zagabria. Ottengono seggi anche tre piccoli partiti che si posizionano nel centro liberale, e che hanno ottenuto complessivamente il 6,3 per cento.

Tuttavia il dato più significativo è quello relativo alla affluenza alle urne, risultata di appena il 46,9 per cento, in flessione di 5,7 punti rispetto al voto del 2016. Si tratta della partecipazione elettorale più bassa nella storia del Paese, in parte da attribuire ai timori per l'emergenza sanitaria dopo l'impennata del coronavirus.

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