Estero

Vucic padrone della Serbia, il parlamento è suo

Le elezioni politiche assicurano al presidente la maggioranza assoluta, le opposizioni hanno boicottato il voto

22 giugno 2020
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Belgrado - Una maggioranza simile non l’aveva avuta neppure Slobodan Milosevic. Con la vittoria nelle elezioni politiche di domenica, Aleksandar Vucic ha dunque fatto meglio del suo potentissimo mentore. Meglio per modo di dire, naturalmente: i 187 seggi (su 250)  ottenuti dal Partito progressista (Sns) del presidente sono in realtà frutto di una consultazione a cui ha preso parte meno della metà degli aventi diritto, soprattutto in virtù del boicottaggio del voto deciso dalle litigiose forze d’opposizione  (che non hanno ancora avuto il tempo di pentirsene).

La vittoria del partito di Vucic (confermata anche nel contemporaneo voto amministrativo)  era largamente scontata. Il suo controllo dell'apparato statale e sull’informazione ha fatto declassare la Serba da democrazia in formazione a “regime ibrido”, paragonabile all’Ungheria di Viktor Orban nella valutazione della Freedom House; e l’esito elettorale ne è una rappresentazione coerente. Un’egemonia politica rivelatasi più forte del pur vasto movimento di protesta che aveva contestato la leadership autoritaria di Vucic per tutto l’anno scorso, fermato soltanto dall irrompere della pandemia di coronavirus.

In parlamento sono entrati, con risultati lontanissimi dall’Sns, il Partito socialista (Sps) del ministro degli esteri Ivica Dacic, alleato di Vucic, con poco più del 10%, e altre forze minori, anch’esse allineate al partito del presidente. Sotto la soglia di sbarramento tutti gli altri, compreso il Partito radicale serbo, del criminale di guerra Vojislav Seselj.

Primo a complimentarsi con Vucic è stato Orban, lesto a pubblicare su Instagram una foto che li ritrae insieme. Ma anche l’Unione europea non ha perso tempo.L'Alto rappresentante dell'Ue Josep Borrell e il commissario europeo per l'Allargamento, Oliver Varhelyi si sono felicitati con il presidente serbo, incoraggiandolo “a continuare a impegnarsi nel dialogo tra i partiti per creare un ampio consenso sulle riforme connesse all'Ue, vitali per i progressi del Paese nel suo cammino verso l'Unione". 

Per la verità, tale “cammino” non sembra breve, e la stessa Ue dovrà risolvere più di una contraddizione perché possa essere compiuto. In primo luogo scegliendo tra democrazia, rispetto dello stato di diritto, della libera informazione, e primato della “stabilità”. Quest'ultima assicurata da Vucic da otto anni. Così,la sollecitazione di Borrell e Varhelyi a riprendersi cura dello stato di diritto sono stati poco più che rituali. A proprio favore Vucic può infatti accreditarsi come il solo in grado di condurre a un esito positivo il confronto con il Kosovo, fino al suo riconoscimento quale stato indipendente. Giovandosi di un mandato plebiscitario, Vucic potrebbe riuscire a fare accettare al sentimento nazionalista serbo un accomodamento con Pristina,benedetto anche dagli Stati Uniti e favorito dall’ipotesi di scambio territoriale, su cui anche il presidente kosovaro Hashim Tuci pare d’accordo.

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