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Usa, riesplode la tensione razziale per la morte di George Floyd

Proteste a Minneapolis dopo l'uccisione, da parte di quattro agenti, di un afroamericano inerme e disarmato. Gli agenti sono stati licenziati

Proteste a Minneapolis per la morte di George Floyd (Keystone)
27 maggio 2020
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Esplode la rabbia a Minneapolis, dove oltre un migliaio di manifestanti si sono riversati in strada per chiedere giustizia. Giustizia per la morte di George Floyd, l'afroamericano che nel giorno del Memorial Day è stato soffocato da un poliziotto bianco durante il tentativo di arrestarlo. Una violenza inaudita, contro un uomo che era inerme e disarmato. Una violenza che in tanti vogliono non resti ancora una volta impunita.

La situazione ha rischiato di finire fuori controllo. Le forze dell'ordine sono dovute ricorrere al lancio di gas lacrimogeni e ai proiettili di gomma per disperdere la folla inferocita, che minacciosa aveva assediato il commissariato di polizia dei quattro agenti coinvolti. Tutti licenziati in tronco dopo il video della tragedia girato da un passante e che, diventato virale sui social, ha scioccato l'America. "Non posso respirare… ti prego… non posso respirare", implora la vittima bloccata a terra e ammanettata, mentre un agente gli preme con forza un ginocchio sul collo.

Eppure 'Big Floyd', come lo chiamava affettuosamente chi lo conosceva, era un colosso, un gigante alto quasi due metri. Un "gigante gentile", ricorda il proprietario del ristorante dove George da cinque anni lavorava come buttafuori. Ma il Conga Latin Bistro da due mesi è chiuso a causa della pandemia, e George era alla ricerca di un nuovo lavoro.

I fratelli e la sorella sono sconvolti e chiedono che i quattro agenti licenziati siano messi immediatamente in carcere e processati per omicidio. Uno di loro, Derek Chauvin, 44 anni, da 19 anni in polizia, è quello che ha premuto sul collo della vittima mentre i colleghi stavano a guardare, senza fare e dire nulla. Sarebbe stato altre volte coinvolto in sparatorie, uso eccessivo della forza e violazione delle regolari procedure. Così in rete i manifestanti si sono dati un nuovo appuntamento proprio davanti alla sua abitazione.

Ora la città del Minnesota rischia di diventare una polveriera, mentre l'Fbi ha aperto un'indagine e l'ex vicepresidente Joe Biden, candidato alla Casa Bianca, ha chiesto l'avvio di un'indagine federale definendo "vergognoso" il comportamento degli agenti ripresi nel video. Poco importa che un primo rapporto del dipartimento di polizia affermi come Floyd, sospettato di trafficare in documenti falsi, fosse sotto l'effetto di alcol o stupefacenti e abbia all'inizio opposto resistenza.

LeBron James: ‘ORA capite?’

Da sempre schierato politicamente e attivo sul fronte dei diritti degli afroamericani, LeBron James non poteva rimanere insensibile a quanto accaduto a Minneapolis. Così ha espresso il proprio sdegno per la morte del 46enne George Floyd con un duro post sui social in cui ha messo un'immagine divenuta virale. È quella dell'agente (bianco) che immobilizza con un ginocchio l'esanime Floyd, accanto a quella di Colin Kaepernick, giocatore all'epoca dei 49ers del football che al momento dell'esecuzione dell'inno nazionale si inginocchiava per protesta contro le discriminazioni razziali e le violenze della polizia. Accanto a queste foto in parallelo – stesso gesto, significato opposto – l'asso dei Lakers ha scritto questa frase: "ORA capite? O vi viene ancora nascosto? # State svegli". Segue l'iconcina di un occhio aperto.

Anche altri personaggi del mondo del basket Nba hanno preso posizione sull'episodio di Minneapolis, primo fra tutti quello Stephen Jackson, vincitore del titolo nel 2003 con San Antonio, che proprio alla vittima di Minneapolis era molto legato, al punto da definirlo "il mio gemello" e che ora lamenta la perdita dell'amico. Duro anche coach Steve Kerr, 5 anelli da giocatore prima con i Bulls di Michael Jordan e poi con i San Antonio Spurs di Tim Duncan, e poi tre da capo-allenatore dei Golden State Warriors. "Questo è un omicidio. Disgustoso. Seriamente, cosa cavolo c'è di sbagliato negli Usa?". La domanda non giunge a caso, perché già in altre occasioni Kerr si era espresso contro le violenze della polizia nei confronti delle persone di colore, e contro il proliferare delle armi che in passato ha provocato, negli States, stragi in scuole e centri commerciali.