Estero

Giornata di scontri a Hong Kong contro la legge sulla sicurezza

La nuova normativa metterebbe fine alle aspirazioni di autonomia, Almeno 180 le persone arrestate

24 maggio 2020
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È di 180 persone arrestate il bilancio delle manifestazioni a Hong Kong, dove migliaia di persone sono scese in piazza per manifestare contro la nuova legge sulla sicurezza nazionale che pare minare definitivamente le aspirazioni di autonomia dell'ex colonia. La protesta, non autorizzata, si è subito trasformata in durissimi scontri con cariche della polizia in tenuta antisommossa, lanci di lacrimogeni. Gli agenti non hanno lasciato il campo neanche in serata, continuando a presidiare la città nel quartiere dello shopping di Causeway Bay e a Wanchai, impedendo qualsiasi scia della mobilitazione, dopo quella principale del pomeriggio.

La protesta è stata alimentata anche dalle parole del vicepremier Han Zheng, uno dei sette membri del Comitato permanente del Partito comunista che ha in carico la gestione dei rapporti con l'ex colonia: incontrando a Pechino i delegati di Hong Kong ha assicurato che la normativa in via di discussione non dovrà essere sottostimata, ma "attuata fino alla fine".

I giudizi hanno avuto altre spiegazioni nelle valutazioni del ministro degli Esteri Wang Yi, che ha cercato di rassicurare. "L'eccessiva ingerenza straniera illegale negli affari di Hong Kong ha messo gravemente a rischio la sicurezza nazionale della Cina. In tali circostanze, un sistema giuridico e di meccanismi di applicazione a tutela della sicurezza nazionale della città è diventata una priorità urgente. Dobbiamo farlo senza il minimo ritardo", ha detto nella videconferenza a margine della sessione parlamentare, rimarcando l'importanza di apportare correttivi dopo le proteste su vasca scala, spesso violente, partite a giugno del 2019 contro legge sulle estradizioni in Cina.

La norma allo studio porterà alla repressione di tutto ciò che Pechino considera attività sovversiva, in una mossa che ha scosso i territori temendo la perdita dell'autonomia e delle libertà garantite come non mai in qualsiasi altra città normale cinese.

La stretta riguarda "un spettro di categorie molto piccolo", tra cui tradimento, secessione, sedizione o sovversione". In tal modo non ci sarà alcun impatto "sui diritti e le libertà dei residenti o sui legittimi diritti e interessi degli investitori stranieri a Hong Kong. Invece di essere inutilmente preoccupata, la gente dovrebbe avere più fiducia nel futuro di Hong Kong".

Amnesty International ha criticato gli arresti di massa, accusando la polizia di usare la "forza eccessiva" contro i manifestanti "in gran parte pacifici". In un tweet, il gruppo ha dichiarato che "la legge sulla sicurezza nazionale proposta dalla Cina è un terribile assalto ai diritti umani e la possibilità di protestare pacificamente non è un crimine". I tentativi "di reprimere i diritti umani non porteranno stabilità, ma più rabbia e più disordini per le strade".

Il governo locale ha "condannato con forza" le "gravi violenze" a Wanchai e Causeway Bay, segnale dell'urgenza della norma. La violenza segnala che "i sostenitori dell'indipendenza" e gli "elementi violenti" continuano a dilagare.

Dagli Usa, intanto, è arrivato un nuovo avvertimento diretto a Pechino. L'advisor sulla sicurezza della Casa Bianca Robert O'Brien ha ventilato il ritiro dello status speciale commerciale di cui l'ex colonia gode con gli Usa: "non vedo come Hong Kong possa restare un centro finanziario asiatico se il Partito comunista cinese decide di rafforzare la sicurezza nazionale e di prendere il controllo della città. Sarebbe una tragedia per la gente di Hong Kong e molto negativo per la Cina".
 

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