Estero

Si è dimesso il ministro della giustizia brasiliano

Sergio Moro, grande inquisitore di Lula, chiamato in governo dal presidente Bolsonaro

24 aprile 2020
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In piena pandemia da coronavirus, il governo del presidente brasiliano Jair Bolsonaro perde un altro pezzo da novanta: il ministro della Giustizia e Pubblica Sicurezza, Sergio Moro, ha rassegnato le dimissioni in seguito alla decisione del capo dello Stato di silurare il direttore generale della polizia federale, Mauricio Leite Valeixo, uomo di fiducia dell'ex giudice star.

La settimana scorsa a cadere era stato il ministro della Sanità Luiz Henrique Mandetta per divergenze con Bolsonaro sulla gestione dell'emergenza sanitaria, nonostante il parere contrario della popolazione, che nei sondaggi stava premiando l'operato di Mandetta.

Se quest'ultimo ha scelto di andarsene in punta di piedi, Moro ha letteralmente sbattuto la porta: in una conferenza stampa convocata a Brasilia l'ex magistrato ha accusato Bolsonaro di vere e proprie "interferenze politiche" nell'autonomia della polizia federale che avrebbero "minato la sua credibilità".

"Il presidente ha insistito senza fornirmi delle motivazioni: evidentemente non mi vuole più nel governo", ha affermato Moro, che si è anche detto "sorpreso" e "offeso" dal comportamento di Bolsonaro. Poi l'affondo: il presidente, secondo la ricostruzione di Moro, voleva un "contatto personale" all'interno della polizia federale per poter aver accesso diretto ai fascicoli d'inchiesta e ai rapporti dell'intelligence. "Ma questo non è il ruolo della polizia federale", ha tuonato Moro, secondo cui una simile richiesta non era arrivata nemmeno durante la presidenza di Dilma Rousseff, quando lui guidava l'inchiesta Lava Jato, la Mani Pulite verdeoro, che portò alla condanna, tra gli altri, dell'ex presidente e padrino politico di Rousseff, Luiz Inacio Lula da Silva.

Prima di ufficializzare le proprie dimissioni dal ministero, Moro ha ricordato di essere entrato nel governo su invito di Bolsonaro, lasciandosi alle spalle 22 anni di carriera in magistratura e ricevendo dal presidente la promessa di "carta bianca" nelle azioni da intraprendere per combattere la corruzione e la criminalità organizzata. "Me ne vado per preservare la mia biografia e l'impegno di fermezza che ho assunto nella lotta alla corruzione", ha concluso Moro.

Mentre Moro finiva di parlare, proteste a suon di pentole, i cosiddetti 'panelacos', si svolgevano dalle finestre e dai balconi di vari edifici a San Paolo, Rio de Janeiro, Fortaleza, Recife, Belo Horizonte e Florianopolis.

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