Estero

L'Oms avverte l'Europa: non è il momento di abbassare la guardia

Il trend positivo di alcuni paesi non è sufficiente a considerare passato il peggio

8 aprile 2020
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L'Oms mette in guardia l'Europa: "Non è il momento di allentare le misure. Anzi bisogna raddoppiare e triplicare gli sforzi" per sconfiggere il coronavirus. Il direttore regionale dell'organizzazione, Hans Henri P. Kluge, non ha usato mezzi termini di fronte alle tentazioni di fughe in avanti nei singoli Paesi e anche di Bruxelles, che per oggi aveva previsto la presentazione di una exit strategy per allentare le misure restrittive in atto. Un'iniziativa poi rientrata, con un imbarazzante dietrofront della Commissione europea e l'annullamento di una conferenza stampa della presidente Ursula von der Leyen dopo le proteste di alcuni Paesi - in primis i più colpiti, Italia, Spagna e Francia - alle prese con migliaia di morti e sistemi sanitari al collasso. Insomma, una Ue che inanella brutte figure e appare allo sbando, anche alla luce del nulla di fatto all'Eurogruppo, dove i ministri hanno duellato per 16 ore nella vana ricerca di una risposta solidale all'impatto economico del virus. Ma anche sullo sfondo delle dimissioni del professor Mauro Ferrari dall'incarico di presidente della principale istituzione scientifica dell'Unione - il Consiglio europeo per la ricerca - "deluso", ha detto, "dalla risposta europea al Covid-19".

Una Ue che appare anche un po' schizofrenica visto che nello stesso giorno in cui aveva pianificato di presentare una roadmap di uscita dalle restrizioni ha invitato invece gli Stati membri e quelli Schengen a mantenere blindate le frontiere esterne fino al 15 maggio, accompagnando l'iniziativa con la precisa annotazione: c'è il "rischio elevato" che i sistemi sanitari nelle prossime settimane siano messi a dura prova, nonostante le misure di contenimento. Previsioni che peraltro coincidono con il monito del rappresentante dell'Oms: "I segnali positivi registrati in alcuni Paesi" non rappresentano la vittoria. La situazione nel continente è ancora "molto preoccupante", con i contagi in aumento, quasi 700.000 casi attivi e 53 mila morti.

Bruxelles, per bocca del portavoce Eric Mamer, ha cercato di correre ai ripari. "Il momento dell'adozione dell'exit strategy è complessa, perché i Paesi si trovano in fasi diverse della lotta al virus. Dopo i contatti con gli Stati membri abbiamo ritenuto fosse necessario ancora un po' di tempo. Non vogliamo dare il segnale che le misure debbano essere revocate in Paesi dove non è il caso, tuttavia le raccomandazioni sono importanti, perché serve un approccio coordinato" e linee guida per chi ha deciso di passare ad una nuova fase, ha insistito Mamer, riferendosi ad Austria e Danimarca, che hanno già indicato le date per la ripartenza, seppure graduale. Il cancelliere Sebastian Kurz lunedì aveva infatti annunciato di voler riaprire i negozi non essenziali sotto i 400 metri quadri dal 14 aprile, ed altre tipologie di esercizi commerciali a partire dal primo maggio. E la premier danese Mette Frederiksen, incoraggiata dalla curva discendente dei ricoveri, ha ipotizzato la possibilità di un graduale ritorno a scuola e al lavoro dopo Pasqua.

Ma mentre c'è chi spinge per tornare ad un'impossibile normalità, preoccupa sempre di più la situazione in Africa. Dal primo malato di Covid, registrato in Egitto il 14 febbraio, 52 Paesi africani hanno riportato casi, con i contagi che dalle capitali si sono andati via via diffondendo alle province. L'impatto della pandemia su Paesi con "sistemi sanitari fragili" potrebbe essere molto dura, non fa mistero l'Oms. L'Unione ha previsto di destinare a questa emergenza 15 miliardi di euro - spiccioli rispetto alle dimensioni che il fenomeno potrebbe assumere - e resta vigile su quanto potrebbe accadere dall'altra parte del Mediterraneo, proprio alle porte di casa.

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