Il coronavirus mette a dura prova il personale curante. In Italia si organizzano gruppi di ascolto e colloqui con specialisti.
Roma - Sono stati proprio loro, gli stessi medici e infermieri impegnati da settimane nelle corsie Covid a chiedere aiuto, un sostegno psicologico per allentare l'ansia e lo strazio. Per evitare il burnout professionale, per cercare di non restare 'bruciati', schiacciati dall'angoscia. In tutta Italia, ma soprattutto nelle zone più colpite dall'emergenza Coronavirus, Asl e ospedali hanno organizzato gruppi di ascolto psicologico o colloqui singoli con psicoterapeuti e psichiatri.
All'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo si tengono due volte al giorno, a fine turno, i debriefing, così li chiamano, dove medici e infermieri possono raccontare l'esperienza della giornata, tentando di alleggerire il carico emotivo. Al Fatebenefratelli-Sacco di Milano è stato organizzato il servizio 'Sos Stress' per gli operatori sanitari in prima linea. E l'Asl Roma1 della Capitale ha attivato una linea telefonica dedicata.
"Sono in tanti a volere assistenza. Raccontano di quei malati che chiedono aiuto con gli occhi, che ti si affidano completamente, che non riescono a respirare", racconta Emi Bondi, primario e direttore del Dipartimento di Salute mentale del Papa Giovanni. "Qui a Bergamo - continua - ogni infermiere, ogni medico ha dei contagi o dei lutti in famiglia per il Covid-19. Ma vengono a lavorare lo stesso. Come nel caso di una dottoressa di Alzano che nel giro di una settimana ha perso il marito e la madre, ma nonostante tutto torna al suo posto. Per tutti loro il rischio burnout è altissimo: la loro vita, a cominciare dalle piccole cose è totalmente stravolta".
A questo si aggiunge l'ansia che cresce quando è il momento di andare via dall'ospedale, la preoccupazione di aver sbagliato qualcosa svestendosi e di portarsi a casa il virus, di infettare la famiglia. In tanti hanno scelto di dormire nelle vicinanze dell'ospedale, da amici o in altre sistemazioni, per non rischiare.