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Dalle protesi al Covid-19

L’esperienza di un piccolo ospedale italiano riconvertito dalla specializzazione ortopedica al trattamento del coronavirus  

28 marzo 2020
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Omegna - Qui, fino a poche settimane fa, “si aggiustavano ossa“.Al Centro Ortopedico di Quadrante, più noto come Coq, di Omegna, sul Lago d’Orta, si impiantavano mille protesi all’anno, dalle anche alle ginocchia, e, sommati a quelli delle altre specializzazioni, gli interventi chirurgici sommavano a circa cinquemila.

“Finché - spiega il dottor Giorgio Ripamonti, direttore sanitario del Coq - all’inizio di marzo ci siamo trovati a doverci riconvertire in ospedale di malattie infettive”. A differenza degli ospedali di Verbania e di Domodossola, dove sono stati allestiti “reparti Covid-19”, quello di Omegna è stato del tutto riconvertito alla cura di pazienti affetti da coronavirus. Una riorganizzazione da compiere nei tempi brevi imposti dall’aggravarsi dell’epidemia di Covid-1 (la Lombardia è a un passo da qui) incalzati dal numero di contagi e di morti in continua crescita, dagli allarmi lanciati da centri di cura ormai al limite della capacità di cure. “Per fortuna - osserva Ripamonti - avevamo già in organico personale infermieristico formato per la cura di malattie infettive, trattando noi anche infezioni osteoarticolari, che ne ha formato a sua volta dell’altro, In più fa parte del nostro staff un’infermiera specialista di rischio infettivo”.  

Un’opportunità da sfruttare, mentre si adeguavano alla nuova destinazione i reparti dell’ospedale. “In breve ci siamo totalmente riorganizzati, in grado di accogliere pazienti da mantenere in isolamento, assistiti da operatori forniti della dotazione necessaria per evitare ogni forma di contagio”.

Fino a ieri i posti occupati erano sessanta, e da ieri se ne sono aggiunte altri venti. Per la metà si tratta di pazienti residenti nel Verbano-Cusio-Ossola, mentre il restante 50% è stato inviato da diverse aree del Piemonte.

A Omegna i pazienti giungono con gradi di gravità differenti, che richiedono trattamenti diversi. Sul piano farmacologico, vengono somministrati un farmaco antimalarico e per il trattamento di malattie autoimmuni come l'artrite reumatoide oltre a un farmaco utilizzato contro l’infezione da hiv. Non solo. “Circa il 30% sono in aria ambiente - spiega Ripamonti - respirano cioè da soli. La rimanente percentuale è ‘in ossigeno’ vale a dire è assistita nella respirazione: alcuni a basso flusso (con gli occhialini, per intenderci);per altri si utilizza un ventilazione non invasiva, cioè i caschi; due soli, per ora, sono intubati. Ma vi sono anche altre forme di ventilazione, ad esempio con il reservoir da dieci litri al minuto”.

Qualche difficoltà nel reperimento della strumentazione c’è pure stata, ad esempio per i caschi c-pap. “Ne abbiamo ricevuti, ma siamo in attesa di altri per dirci al completo. Tenga conto - aggiunge il direttore sanitario - che in tre sole settimane abbiamo già utilizzato una quantità di ossigeno pari a quella che eroghiamo di solito in un anno. E ci siamo sincerati che la ditta fornitrice possa ancora incrementare la quantità, quando accoglieremo gli altri venti pazienti”.

Pazienti che sono un elemento del quadro. L’altro è il personale: infermieri, medici, addetti ai servizi. Secondo ogni rapporto, di settimana in settimana aumenta il numero di quanti, di tutti costoro, risultato contagiati dal virus. Le politiche seguite in questo scenario non sono le stesse ovunque. C’è che sostiene che non vale ormai la pena mettere a riposo il personale “positivo” perché si rischia di averne sempre meno in servizio, a danno dell’assistenza ai degenti; e c’è chi, al contrario reputa che si debbano allontanare infermieri e medici, per non aggravare le situazioni di contagio.

Al Coq, dice Ripamonti, “stimiamo di avere personale a sufficienza, avendone dirottato praticamente la totalità dalle attività solite del nostro centro a quelle che la situazione richiede. Ad esempio le infermiere di sala operatoria, sospesa quell’attività, sono state coinvolte nelle nuove mansioni, lo stesso per gli ambulatori e per i medici. In ogni caso, il personale che accusa dei sintomi è lasciato a casa. Sarà poi il medico del territorio a inviare il proprio personale per effettuare i tamponi nasofaringei”.

Nei casi fortunati. Che non sempre sono tali: la mortalità tra i medici, di famiglia o ospedalieri, cresce di giorno in giorno. Una tendenza che sì, spaventa, riconosce Ripamonti, “ma che possiamo affrontare con razionalità.Ci siamo organizzati per minimizzare i rischi in fase di visita dei degenti e di spostamenti all'interno dell’ospedale, con aree “pulite” e aree “sporche”. Tutti, anche per salvaguardia personale rispettano strettamente queste disposizioni e le indicazioni della nostra specialista del rischio infettivo. Di tutti i medici dello staff, uno soltanto ha avuto la febbre ed è rimasto a casa, lo stesso un infermiere. Per il resto sono tutti operativi”.

Operativi in un contesto di attesa e aspettative che oggettivamente non si possono ignorare. Certo, conviene Ripamonti.” Ma consideri che questo è un piccolo ospedale, e i rapporti interpersonali sono molto stretti, ciò che aiuta a sostenerci a vicenda e favorisce una collaborazione particolarmente stretta e positiva. Abbiamo anche stabilito un buon rapporto con i pazienti. Grazie all’aiuto della Caritas e degli Amici dell'oncologia, di Verbania, forniamo loro ciò di cui necessitano. Possono sembrare inezie, ma per degenti ricoverati d’urgenza e trovatisi all’improvviso lontano da casa non lo sono: dalla lametta per la barba, al pigiama, alla biancheria di ricambio. Siamo anche riusciti a distribuire due telefoni cellulari per assicurare il contatto con le famiglie. Riteniamo infatti che l’aspetto forse più critico è quello psicologico, la sensazione di abbandono e isolamento, che deve essere in ogni caso superata”.

E poi, in tempi di bad news, per una volta sono quelle buone a “fare notizia”. Questa, ad esempio: “Sì, abbiamo avuto la prima dimissione di una paziente guarita. Un episodio importantissimo per noi e per i pazienti, che - chissà come - lo sanno saputo tutti in un attimo, e può solo immaginare con quale beneficio psicologico. Altri due sono sul piede di partenza, attendiamo solo l’esito del solo il tampone di conferma della negatività”. E magari, mentre leggete, è già arrivato.

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