Cina

Coronavirus, impennata di diagnosi. Ma è solo burocrazia

In 24 ore 15mila casi in più: è perché ora la Cina segnala anche chi presenta sintomi compatibili con l'infezione

Disinfezione (Keystone)
13 febbraio 2020
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Nell'arco di 24 ore si è impennato il numero dei casi di infezione da coronavirus in Cina, con quasi 15mila diagnosi in più. In realtà nulla è cambiato granché: "È semplicemente stata modificata la definizione di 'caso confermato'", non più basata sul test ma sui sintomi, ha spiegato il fisico esperto di sistemi complessi Alessandro Vespignani, direttore del Network Science Institute della Northeastern University di Boston.

"I nuovi numeri - ha aggiunto - non hanno significato rispetto all'andamento reale dell'epidemia, non sono la spia di un cambio di traiettoria né di velocità".

Non cambia nulla

Anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha rilevato che "non c'è stato nessun cambiamento" nella diffusione del coronavirus SarsCov-2 e che le stesse autorità sanitarie cinesi hanno spiegato che si tratta di una questione statistica.

"Come spesso succede durante le epidemie, la definizione di 'caso confermato' è stata modificata, ma si tratta soprattutto di un fatto burocratico", ha spiegato Vespignani.

Differenza di prassi

La Cina ha notificato finora soltanto i casi di infezione da coronavirus confermati con il test basato sulla tecnica della Pcr (Reazione a catena della polimerasi), che amplifica le particelle di virus presenti in un campione prelevato con il tampone faringeo.

"Adesso si è deciso di passare a un altro tipo di conferma, basata sulla radiografia e sulla sintomatologia". Sono entrati perciò nella conta dei casi coloro che mostrano i sintomi, come tosse e febbre, e che non hanno ancora fatto il test: di qui l'impennata dei casi. "Probabilmente - ha detto ancora Vespignani - il numero reale di casi è dieci volte maggiore, con centinaia di migliaia di casi, il 90% dei quali con sintomatologie leggere tanto che alcuni non si presentano nemmeno in ospedale". Quello che è certo, comunque, è che i circa 15'000 casi in più "sono lì da tempo, vale a dire che sono stati diagnosticati a partire da gennaio: si tratta di un'analisi retrospettiva. Rispetto a ieri non è cambiato nulla".

L'epidemia rallenta (un po')

Quello che sta emergendo, ha concluso, è che alcune delle misure messe in campo dalla Cina stanno generando un po' di rallentamento nella circolazione del virus. Sembrerebbe, cioè, che l'epidemia non stia crescendo come a Wuhan, tuttavia è presto per trarre qualsiasi conclusione: "dobbiamo aspettare e capire".

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