Estero

La Turchia si appresta ad attaccare i curdi

Già partiti i primi colpi d'artiglieria. L’assalto di Erdogan potrebbe spingere la minoranza a cercare un’intesa col presidente siriano Assad

Lasciato solo (Keystone)
8 ottobre 2019
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È tutto pronto  per l’operazione militare della Turchia nel nord-est della Siria. L’ingresso dei blindati di Ankara nel territorio finora in mano ai curdi si fa sempre più vicino, nonostante il tentativo di Donald Trump di ridimensionare la portata dell’annuncio di domenica notte del ritiro del contingente statunitense per lasciare il campo alle forze di Recep Tayyip Erdogan.
La Casa Bianca si è affrettata a “confermare” il riposizionamento di poche decine di militari e a correggere il via libera di fatto all’operazione turca. “Potremmo essere nel processo di lasciare la Siria, ma in nessun modo abbiamo abbandonato i curdi, che sono gente speciale e meravigliosi combattenti”, ha assicurato via Twitter il presidente americano, lo stesso che il giorno precedente aveva twittato il contrario, e che il 13 novembre riceverà proprio Erdogan alla Casa Bianca. Proprio perché “la Turchia  è un grande partner commerciale degli Usa”. 
Ankara in ogni caso ha avvertito che non intende cedere alle “minacce” e si prepara all’invasione, prolungando di un anno l’autorizzazione per le missioni militari oltre frontiera. Nella notte tra lunedì e martedì, secondo l’agenzia governativa siriana Sana, sono partiti i primi colpi d’artiglieria nell’area del valico di Simalka tra Siria e Iraq, corridoio vitale per i rifornimenti logistici e militari della regione, mentre i caccia bombardavano obiettivi del Pkk nelle montagne nord irachene per frenare il soccorso ai curdi da est e più a ovest nuovi convogli militari entravano nell’area di Jarablus, già sotto controllo turco. 
Un accerchiamento che si affianca alla mobilitazione sul terreno di circa 14mila combattenti del Fronte nazionale siriano, il più ampio raggruppamento di miliziani arabi cooptati da Ankara in funzione anti-curda. 
Nella prima fase, l’operazione si limiterà all’area compresa tra le postazioni di Ras al Ayn e Tal Abyad, evacuate dalle forze speciali americane: una striscia lunga circa 120 km e profonda 30, ancora in linea con il progetto di zona cuscinetto concordato due mesi fa con Washington (e l’accordo di alcune fazioni curde) proprio per evitare un’escalation militare. 
Ma dopo la “pugnalata alle spalle”, i curdi non si fidano degli Usa e guardano a nuove possibili alleanze. L’assalto di Erdogan potrebbe cioè spingerli a cercare un’intesa con Bashar al Assad, il presidente che non voleva neppure riconoscerli come nazionalità.

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