Estero

'Vorrei che lei ci facesse un favore'. Trump è nei guai (forse)

La trascrizione della telefonata col presidente ucraino Zelensky rivela che il presidente Usa richiese di indagare su Biden. L'impeachment avanza

Keystone
25 settembre 2019
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“Vorrei che lei ci facesse un favore”. Nella telefonata di luglio al neopresidente ucraino Volodymyr Zelensky – della quale oggi la Casa Bianca ha diffuso una sintesi – Donald Trump impiega pochi minuti per venire al dunque. L’aiutino richiesto è chiaro: fare luce sul presunto caso di corruzione che avrebbe coinvolto il figlio di Joe Biden, ex vicepresidente di Obama e oggi fra i papabili per le Presidenziali 2020. La tesi è che Biden Sr. abbia fatto di tutto per rimuovere il procuratore che indagava sul caso (del quale non ci sono prove, vedi sotto): “Biden andava in giro a vantarsi di avere fermato l’indagine, se poteste controllare...”, la butta lì Trump. E già che c’è chiede a Zelensky di saperne di più sul server di e-mail privato che Hillary Clinton utilizzò per inoltrare informazioni riservate quando era Segretaria di Stato, e che secondo alcuni complottisti si trova proprio in Ucraina.

La trascrizione (parziale) della telefonata sembra rafforzare la tesi dei Democratici, che sul caso – segnalato dall’intelligence mentre eseguiva controlli di routine sulle conversazioni ufficiali – hanno avviato una procedura d’impeachment. Utile a contestare l’abuso di potere da parte del Presidente è anche la richiesta a Zelensky di contattare al contempo l’avvocato personale di Trump, Rudolph Giuliani, e il procuratore generale William Barr: possibile indizio dell’intreccio fra interessi personali e ruolo delle istituzioni. Altrettanto ambiguo è il fatto che Trump abbia congelato quasi 400 milioni di aiuti all’Ucraina poco prima della telefonata: lui non ne parla, ma non manca di ricordare che “gli Stati Uniti sono stati molto buoni con l’Ucraina”, mentre il suo omologo lo ringrazia “per il grande sostegno militare”. Proprio ieri i due si sono incontrati all’assemblea generale Onu a New York, e Trump ne ha approfittato per denunciare “un atto di guerra”, “la più grande caccia alle streghe della storia americana”.

Ma perché la Casa Bianca ha pubblicato la trascrizione? L’impressione è che dopo il Russiagate nulla spaventi davvero il Presidente, preoccupato semmai di costruire una narrazione parallela, capace di mobilitare la base contro il presunto accanimento Dem. Intanto Hillary Clinton e la speaker della Camera Nancy Pelosi – che dopo mesi di titubanze ha deciso di avviare l’impeachment – parlano di “tradimento”. Ora tocca alle commissioni del Congresso, in seno al quale una maggioranza pro-impeachment è in costruzione. I deputati consulteranno anche l’informatore dell’intelligence, ma l’ostacolo insormontabile potrebbe essere il Senato, dominato dai Repubblicani. Chissà.

E l'Ucraina?

Ex comico, novello presidente scelto dal popolo per combattere la corruzione endemica in Ucraina, Volodymyr Zelensky si trova ora in una situazione imbarazzante. La telefonata con il presidente Usa lo mostra prono e servizievole, anche nell’assicurargli una certa disponibilità della giustizia, con buona pace della sua indipendenza: “Il prossimo procuratore generale sarà al 100% un mio uomo, e si chinerà sul caso”, ha promesso Zelensky, che ha anche definito Trump “un grande maestro” e si è vantato di avere sostituito l’ambasciatrice a Washington (sulla quale entrambi hanno impilato parole poco gentili).

Il problema è che l’Ucraina dipende dal supporto militare e dagli aiuti americani, dei quali Trump ha congelato una tranche da 400 milioni poco prima di chiamare Zelensky. La collaborazione della Casa Bianca è fondamentale per tenere a bada la Russia che ancora occupa le sue regioni orientali. Ora il rischio per il paese è quello di diventare la fune tirata dai contendenti alle prossime elezioni. I Dem al Congresso potrebbero cercare di utilizzare le loro leve in politica estera per impedire a Zelensky di collaborare con Trump. Questi, da parte sua, potrebbe giocare in contropiede, abbandonando platealmente l’Ucraina pur di dimostrare che non ha in mente strani ‘do ut des’.

Il 'caso' di Biden Jr.

La vicenda investe anche la figura di Hunter Biden, il figlio del candidato favorito (per ora) nella corsa alla nomination democratica. Biden Jr. sedeva nel Cda di un’importante società ucraina nel settore del gas naturale, comparto oggetto di aspri contenziosi con la Russia. Alcuni funzionari della Casa Bianca ai tempi di Obama avevano già fatto notare il potenziale conflitto d’interessi: il padre era una delle ‘antenne’ fondamentali della Casa Bianca in Ucraina, Ed è vero che aveva richiesto la rimozione del procuratore generale Viktor Shokin.

Va detto però che non c’è nessuna prova di un’inchiesta in corso su Biden, e che anche il Fondo monetario internazionale aveva sollecitato la cacciata di Shokin, giudicato da molti osservatori profondamente corrotto. Ma non c’è dubbio che Fox News e i vari complottisti al soldo di Trump continueranno a insistere su queste concomitanze, a prescindere dai fatti.

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