I risultati delle valutazioni dei tre periti sul manufatto che crollò il 14 agosto di un anno fa
I trefoli di acciaio dentro i tiranti della pila 9 del ponte Morandi, quella crollata il 14 agosto 2018, avevano un grado elevato di corrosione. È quanto scrivono i tre periti del giudice per le inchieste preliminari (Gip) nella relazione del primo incidente probatorio.
Il 68 per cento dei trefoli del gruppo primario, situato all'interno del tirante, e l'85 per cento dei trefoli situati più all'esterno, avevano una riduzione di sezione tra il 50 e il 100 per cento.
I periti che hanno analizzato i resti del Ponte Morandi rilevano come nelle parti esaminate "non si evidenziano interventi atti a interrompere i fenomeni di degrado". "Gli unici ritenuti efficaci risalgono a 25 anni fa" si legge.
A peggiorare lo stato della struttura ci sarebbero anche difetti di esecuzione. Alcune guaine, scrivono gli ingegneri, non sono iniettate del tutto o lo sono parzialmente e i trefoli possono essere estratti manualmente per questo motivo. Dove sono emersi difetti di esecuzione, "i cavi secondari sono spesso liberi di scorrere: alcuni trefoli non sono stati trovati dentro le guaine. In generale i cavi secondari nelle guaine presentano fenomeni di ossidazione e, in alcuni casi, con riduzione di sezione, i quali hanno effetti diretti sulla sicurezza strutturale" dice la relazione.
Gli esperti hanno valutato anche parti non crollate trovando reti metalliche elettrosaldate per contenere il distacco di calcestruzzo dalle stampelle e selle Gerber il cui "stato di conservazione è caratterizzato da un livello generalizzato esteso e grave di degrado".