Estero

Sea Watch, 'nessuna volontà di speronare la Gdf'

Parla l'avvocato della comandante in stato di fermo: 'c'era solo la necessità di portare in salvo persone in condizioni estreme'

Keystone
30 giugno 2019
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"È stata fatta una manovra in condizioni di estrema difficoltà, ma non c'è stato alcun atto criminale né la volontà di speronare la motovedetta o uccidere qualcuno, solo la necessità di salvare delle vite". Così uno dei legali di Sea Watch, Salvatore Tesoriero, ha ricostruito la manovra che ha portato ieri all'arresto della comandante Carola Rackete, sottolineando che "non c'è stato alcun contatto" con la Gdf. Da parte di Carola, ha ribadito, "c'era solo la necessità di portare in salvo persone in condizioni estreme. Carola Rackete "ha fatto di tutto per salvare vite umane" ha aggiunto l'avvocato Tesoriero che, rispondendo ai cronisti, ha spiegato che una possibile strategia difensiva sarà quella di contestare il fatto che la motovedetta della Gdf possa essere considerata nave da guerra. E sarà questo uno degli elementi che verrà sollevato molto probabilmente nell'interrogatorio di convalida davanti al Gip in programma tra domani e martedì. Quando alle politiche dell'immigrazione del governo italiano, il legale ha sottolineato che si tratta di un "fenomeno epocale e bisogna decidere se vanno messe avanti le vite umane o un interesse nazionale che, in questo caso, non si capisce bene quale fosse". E il decreto sicurezza bis? "È una misura incomprensibile - risponde - che non si preoccupa delle esigenze della tutela della vita umana, perché lasciare fuori dal porto una nave in condizioni di estrema necessità viola" le norme internazionali.

Carola Rackete, comandante della Sea Watch, è "molto provata" per quanto accaduto, ma allo stesso tempo "molto forte e lucida" nel rivendicare le sue scelte. Più volte, dopo l'arresto, ha chiesto come stessero i 40 migranti sbarcati dalla nave, informandosi su quali fossero le loro condizioni. Lo riferisce uno dei legali di Sea Watch, Salvatore Tesoriero.

 

L'entrata, nella notte tra venerdì e sabato, nel porto di Lampedusa

Con un blitz in piena notte, la Sea Watch, dopo due settimane in mezzo al mare, entra nel porto di Lampedusa violando per l'ennesima volta l'alt intimatogli dalla Guardia di Finanza: "non ce la faccio più, devo portarli in salvo", ha detto la comandante Carola Rackete all'equipaggio comunicando la decisione che aveva preso.

Una scelta che le è costata cara: i finanzieri italiani, con la nave ormai ormeggiata in banchina, sono saliti a bordo e l'hanno arrestata per violazione dell'articolo 1100 del codice della navigazione: resistenza o violenza contro nave da guerra. E ora Rackete rischia una condanna da 3 a dieci anni.

La decisione di non attendere più la comandante la prende poco dopo l'una di notte: accende i motori e fa rotta verso l'isola. Immediatamente la motovedetta della Guardia di Finanza (Gdf) che in questi ultimi due giorni è sempre rimasta accanto alla nave della ong le intima l'alt. Un ordine, dicono i finanzieri, ripetuto tre volte e sempre rimasto inascoltato.

Quando è ormai evidente che la Sea Watch è entrata in porto, la motovedetta tenta un'ultima mossa, ponendosi tra la banchina e la nave per impedire l'attracco. Ma Carola non si ferma e porta la Sea Watch sempre più vicino. L'incidente viene evitato per un niente: la motovedetta e la nave si toccano per un'istante, l'imbarcazione della Gdf finisce contro la banchina e riesce però a sfilarsi senza conseguenze per l'equipaggio.

L'ingresso della nave è accolto sul molo dagli applausi dei sostenitori della Ong e dalle grida di un gruppo di lampedusani, guidati dall'ex vicesindaco dell'isola Angela Maraventano, che urlano vergogna. "Non si può venire a fare quello che si vuole, non venite nelle nostra isola se no succede il finimondo. Fate scendere i profughi e poi arrestateli tutti", ha gridato Maraventano più volte rivolgendosi alle forze dell'ordine. All'esponente leghista ha risposto l'ex sindaco Giusi Nicolini, anche lei sul molo: "Che vuoi tu, chi sei tu per decidere chi deve venire e chi no".

Alle 2.50 i finanzieri sono saliti a bordo della nave per uscirne, tre minuti dopo, con la comandante, che è stata prelevata e fatta salire su un'auto tra gli applausi e qualche insulto. L'arresto è stato formalizzato poco dopo nella caserma della Guardia di Finanza: con la manovra compiuta, è la tesi degli investigatori, Carola ha fatto resistenza alle autorità e ha rischiato di provocare un incidente.

Per questo è probabile che le venga contestato anche il tentato naufragio. "Non avevamo scelta - dice la portavoce della Ong Giorgia Linardi -. Alla comandante non è stata data nessuna soluzione nonostante avesse dichiarato da 36 ore lo stato di necessità. Era dunque sua responsabilità portare queste persone in salvo. La violazione non è stata del comandante, ma delle autorità che non hanno assistito la nave per sedici giorni".

Subito dopo aver portato via Carola, i militari e gli uomini della Polizia sono saliti a bordo per notificare il provvedimento di sequestro della nave. E a bordo sono saliti anche i medici e i volontari dell'Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) e dell'Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), per un primo screening sanitario e per fornire ai migranti le prime informazioni. Migranti che al sorgere dell'alba hanno messo finalmente piede a terra. Non prima di aver abbracciato uno ad uno i volontari di Sea Watch.

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