Estero

Dagli allo straniero, al via la campagna di Trump

È partita dalla Florida la lunga marcia di avvicinamento per conquistare un secondo mandato presidenziale. I toni sono i soliti: alti

Supporter 'trumpiani' (Keystone)
18 giugno 2019
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Washington – "Keep America Great" (manteniamo grande l'America): con una variazione sul tema rispetto all'ormai iconico slogan "Make America Great Again" (rendiamo di nuovo grande l'America), il presidente degli Usa Donald Trump lancia ufficialmente la campagna per la sua rielezione alla Casa Bianca nel 2020.

Lo fa dalla sua amata Florida, dove ha stabilito quella che ormai viene considerata "la Casa Bianca d'inverno". E lo fa rilanciando la sfida su quello che da sempre è il suo terreno preferito, l'immigrazione, annunciando a poche ore dal comizio di Orlando un'offensiva senza precedenti: l'arresto in massa, a partire dalla prossima settimana, di "milioni di clandestini", genitori o figli entrati illegalmente negli Usa per raggiungere i loro parenti più stretti.

L'annuncio shock è arrivato come al solito via Twitter, senza però essere seguito da alcuna spiegazione da parte dell'amministrazione. Il riferimento agli agenti dell'Ice (lo United States immigration and customs enforcement, l'agenzia federale responsabile del controllo della sicurezza delle frontiere e dell'immigrazione) fa però pensare al vecchio piano da tempo nel cassetto della scrivania dello Studio Ovale: quello che prevede un'ondata di blitz nelle principali città americane per fermare e rimpatriare in maniera forzosa il più alto numero possibile di immigrati irregolari, anche a costo di dolorosissime separazioni familiari.

Un piano destinato inevitabilmente a creare panico e paura, messo a punto da uno dei "falchi" della Casa Bianca, Stephen Miller, e al quale si era opposta l'ex segretaria alla sicurezza nazionale Kirstjen Nielsen, per questo silurata dal tycoon nell'aprile scorso.

Ma solo così e con il lavoro che finalmente stanno facendo Messico e Guatemala, spiega il tycoon, si potrà davvero porre fine alla crisi al confine sud degli Stati Uniti. E pazienza se l'altro prezzo da pagare sarà un nuovo scontro con le cosiddette "città santuario", le grandi aree metropolitane che - da New York a Los Angeles - si sono rifiutate in passato di collaborare con le politiche repressive del governo federale.

Come per le precedenti elezioni il tycoon sceglie quindi di spingere su quella linea di intransigenza che nel 2016 ha contribuito in grandissima parte al suo successo, nella speranza di ribaltare i sondaggi che attualmente lo vedono arrancare nei confronti di molti candidati democratici, a partire dall'ex vicepresidente Joe Biden.

Ma i 20mila accorsi a Orlando per assistere allo show del tycoon saranno galvanizzati anche dai risultati ottenuti dall'amministrazione Trump sul fronte economico, risultati che il tycoon snocciolerà uno per uno dopo un suo nuovo clamoroso affondo: quello contro il presidente della Banca centrale europea (Bce) Mario Draghi preso a simbolo delle politiche portate avanti dall'Europa e definite dal presidente americano "ingiuste", considerate un ostacolo per l'ulteriore crescita dell'economia americana. Così come la strategia adottata dalla Banca centrale degli Usa (Fed), con Trump che - è emerso nelle ultime ore - nel febbraio scorso tentò in tutti i modi di fare fuori il presidente della banca centrale statunitense Jerome Powell.

Intanto si fa sentire Biden che, in queste ore cruciali per il tycoon, lancia la sua sfida negli Stati del sud: se sarà nominato si dice sicuro di poter vincere non solo in Florida, come l'ex presidente Barack Obama nel 2008 e nel 2012, ma anche in Georgia, in North e South Carolina, in Texas, lì dove i democratici non vincono da decenni, dai tempi di Jimmy Carter. Ad eccezione di Bill Clinton che riuscì a strappare la vittoria in Georgia nel 1992.

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