Estero

Il nuovo piano militare Usa contro l'Iran è piuttosto minaccioso

Sotto la spinta del falco John Bolton, l'amministrazione Trump pare intenzionata a rafforzare le truppe nella regione

John Bolton (Keystone)
14 maggio 2019
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È pronto un nuovo piano militare americano rivolto all'Iran, ed è più aggressivo del precedente. Lo rivela il 'New York Times', che ne definisce i contorni: fino a 120mila soldati pronti a intervenire in caso di attacco iraniano o qualora Teheran acceleri significativamente lo sviluppo di armi nucleari. Il piano – che potrebbe ridefinire in misura significativa le priorità strategiche del Pentagono – è stato presentato dal segretario della difesa ad interim Patrick Shanahan; sarebbe stato ordinato dal consigliere per la Sicurezza John Bolton, considerato uno dei 'falchi' antiiraniani in seno all'amministrazione di Donald Trump e già rappresentante Usa all'Onu ai tempi della guerra in Iraq. Il piano non contempla comunque un'invasione dell'Iran, che richiederebbe forze molto maggiori.

Casa Bianca divisa

Oltre dieci anni fa, Bolton aveva già cercato di spingere l'allora presidente George W. Bush ad aumentare la pressione americana sul regime iraniano. Non è però chiaro se Trump, che ha cercato di ritirare le truppe americane da Afghanistan e Siria, vorrà cedere alla tentazione di un'escalation con Teheran. Su questo punto l'amministrazione è molto divisa: da una parte i 'falchi', dall'altra chi teme che maggiori pressioni destabilizzino la regione senza condurre a risultati strategici significativi. Erano state queste ragioni a guidare il piano precedente, incentrato piuttosto sul cyberwarfare, la guerra digitale capace in teoria di paralizzare le infrastrutture elettriche, elettroniche e militari del paese. Un piano che si è comunque scontrato con le crescenti abilità degli hacker iraniani.

In ogni caso, il nuovo piano rafforza di molto le risorse terrestri, aeree e navali potenzialmente destinate a uno scontro con l'Iran. E rappresenta un chiaro tentativo di invertire il 'retrenchment' – leggi: la ritirata – iniziato dagli Usa in medio Oriente già con Obama e proseguito da Trump, paladino dell'America First. Bolton, d'altronde, è un noto sostenitore della teoria secondo la quale la sicurezza americana passa da una forte assertività internazionale e perfino dall'esportazione della democrazia. E la tesi di alcuni funzionari della Sicurezza nazionale, riportata in forma anonima dal 'New York Times', è che proprio il retrenchment abbia incoraggiato i pasdaran aperseguire più liberamente i suoi obiettivi nucleari e le sue politiche di alleanza (con la Russia, ad esempio).

Le dimensioni della 'minaccia'

Intanto si sospetta che proprio l'Iran abbia sostenuto il sabotaggio di alcune petroliere americane al largo degli Emirati arabi uniti, lo scorso fine settimana (l'indagine, comunque, non ha ancora rivelato prove schiaccianti). Inoltre, alcuni rapporti dell'intelligence militare americana parlano di un rafforzamento delle forze iraniane preposte a un eventuale conflitto regionale; una scelta che potrebbe essere motivata anche dagli effetti devastanti delle sanzioni americane, che paiono trascinare il paese sull'orlo della disperazione. Rimane tuttavia remoto il pericolo di un attacco nucleare: l'Iran non dispone di risorse di uranio e altri materiali sufficienti per 'farsi la bomba'. Nel frattempo il regime di Rouhani potrebbe riprendere ad arricchire l'uranio, raggiungendo una nuova capacità nucleare: ma ci vorranno anni.

Il governo iraniano, a dirla tutta, non ha formulato minacce di violenza negli ultimi tempi. Resta però il grande nodo del ritiro dall'Accordo sul nucleare del 2015, annunciato la settimana scorsa dal presidente Hassan Rouhani (e dal quale Trump si era già ritirato l'anno scorso). In risposta all'annuncio, la Difesa americana aveva inviato nel Golfo persico la portaerei Lincoln, una flotta di bombardieri B-52, un sistema di contraerea per abbattere i missili Patriot e ulteriori forze navali. 

Polveriere e scintille

Il rischio è quello di creare una polveriera pronta a esplodere alla prima scintilla: ad esempio nel caso di provocazioni da parte della snella flotta dei Pasdaran, notoriamente indisciplinata e impegnata da tempo nel gioco incosciente di 'sfiorare' le navi americane sorpassandole a velocità elevata. 

"Il presidente è stato chiaro", ha spiegato il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Garrett Marquis: "Gli Usa non cercano il conflitto militare con l'Iran. Ma l'atteggiamento standard dell'Iran negli ultimi 40 anni è sempre stato la violenza, e siamo pronti a difendere i nostri uomini e i nostri interessi nella regione". Questo nonostante il Pentagono, negli ultimi anni, abbia preferito concentrare le sue risorse su aree di crescente interesse strategico come la Cina e la Russia. 

 

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