Estero

Sudafrica al voto, test per il presidente Ramaphosa

In carica dal dicembre 2017, ha promesso di rinnovare il partito alla guida del Paese fin dalla caduta dell'apartheid

Keystone
7 maggio 2019
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Il Sudafrica domani va al voto per le seste elezioni da quando nel 1994 é stato abolito il regime di segregazione razziale dell'apartheid e l'attenzione è concentrata sul livello di consenso che riuscirà a raccogliere l'African national congress (Anc), il partito di governo del presidente in carica Cyril Ramaphosa, sicuro di essere riconfermato. L'ex-favorito dell'icona della lotta anti-apartheid Nelson Mandela e quinto presidente del Paese dal dicembre 2017 ha preso il posto di Jacob Zuma, costretto alla dimissioni sull'onda di scandali.

In presenza di sondaggi poco affidabili e che differiscono anche di dieci punti, il sito del think tank "Cfr" (il Council on foreign relations) indica che "ipotesi plausibile" che l'Anc ottenga il 56% dei voti (quindi ben meno del 62% di cinque anni fa mettendo a rischio la leadership di Ramaphosa). Il resto dovrebbe perdersi fra la quarantina di altre formazioni in lizza per queste elezioni a turno unico in cui i consensi ottenuti dai partiti si traducono in seggi in parlamento che poi elegge presidente il capolista del partito vincitore (si prevede quindi Ramaphosa). Le urne aprono alle 7 locali e italiane e chiudono alle 21.

Nella sua campagna elettorale, come ricorda il sito dell'Ispi, l'Istituto per gli studi di politica internazionale, Ramaphosa ha promesso di rinnovare il partito alla guida del Paese fin dalla caduta dell'apartheid, di rilanciare la crescita nella più avanzata economia del continente africano e di ridurre le ineguaglianze. La principale forza d'opposizione ed espressione soprattutto delle minoranze etniche tra cui quella bianca, la "Democratic Alliance" (Da) di Mmusi Maimane, dovrebbe ottenere circa il 23% mentre gli Economic Freedom Fighters (Eff) di sinistra dell'ex-Anc Julius Malema dovrebbero crescere a circa l'11%, prevede il Cfr. L'Anc é stato fiaccato da numerosi scandali di corruzione e da una disoccupazione al 27% e punta ora a un programma di espropri terrieri senza indennizzo a discapito di proprietari bianchi (la cosiddetta riforma agraria) per il quale però ha bisogno di una maggioranza del 67% per cambiare la costituzione (e una sponda potrebbe venirgli dai populisti Eff). 

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