Estero

Brexit, il clima si fa sempre più teso

Tra 12 giorni la Gran Bretagna abbandonerà l'UE e la pressione, all'interno del governo di Theresa May, è alle stelle

31 marzo 2019
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"With or without a deal", la Gran Bretagna tra dodici giorni deve lasciare l’Unione europea e la pressione all’interno del governo di Theresa May è alle stelle.
La premier ostenta serenità e si fa fotografare sorridente all’uscita della chiesa di Maidenhead con il marito Philip ma per lei sono ore difficilissime pressata com’è dai falchi del suo governo che minacciano le dimissioni se non cederà ad una Brexit senz’accordo e dalla fazione opposta, i ’remainer,’ che si dichiarano pronti a lasciare di fronte a un no-deal e insistono su un divorzio più morbido. Sullo sfondo una settimana di nuovi voti a Westminster che potrebbe sfociare con l’ennesimo nulla di fatto o con l’approvazione di un piano alternativo a quello della May che preveda un’unione doganale tra l’Ue e la Gran Bretagna."Se i deputati voteranno a valanga a favore di una Brexit più soft, io non credo si possa ignorare questa posizione", ha spiegato il ministro della Giustizia David Gauke esortando la premier a prendere in seria considerazione l’ipotesi di un compromesso sull’unione doganale. Il ministro pro-Remain è uno di quelli che vede il no-deal come un non ritorno, e quindi invita al pragmatismo. "Certe volte bisogna accontentarsi della seconda o della terza scelta", ha detto parlando con la Bbc. Sul fronte opposto, la leader Tory dei Comuni e brexiteer di ferro, Andrea Leadsom ha scritto una lettera – assieme con il ministro degli Interni Sajid Javid, quello dell’Ambiente Michael Gove e degli Esteri Jeremy Hunt e oltre 100 deputati conservatori – chiedendo che il Regno Unito lasci l’Ue "with or without a deal" ed escludendo categoricamente l’ipotesi di una Brexit più morbida. 
A questo punto alla May restano sempre meno carte da giocare. Potrebbe riproporre per la quarta volta, già martedì o mercoledì, il suo accordo al voto di Westminster. O spingere per elezioni anticipate. Un’ipotesi poco gradita alla maggioranza del partito conservatore, considerati anche gli ultimissimi sondaggi che danno il Labour in vantaggio di cinque punti sui Tory. E allora? L’impasse è stato sintetizzato in maniera esemplare dall’ex primo ministro conservatore John Major: "La primo ministro è bloccata in ogni direzione, posso immedesimarmi nel suo senso di frustrazione". Intanto i laburisti affilano le armi ma senza sbilanciarsi. La ministra degli Esteri ombra Emily Thornberry minaccia una nuova mozione di sfiducia contro la premier senza ancora annunciarla e pensa già al dopo May, assicurando che anche un governo laburista lavorerebbe "per lasciare l’Ue".

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