Estero

Traballa in Spagna il governo Sanchez

Provato dalle presioni incrociate degli indipendentisti catalani e di una destra che serra i ranghi

(Keystone)
12 febbraio 2019
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Traballa in Spagna il governo Sanchez, uno dei pochi baluardi rimasti alla sinistra europea, provato dalle pressioni incrociate degli indipendentisti catalani e di una destra che serra i ranghi.

A Madrid si consumano giornate cruciali: dopo la manifestazione delle destre unite (Partito popolare, Ciudadanos e Vox) di domenica scorsa, si è aperto oggi il processo ai 12 leader indipendentisti arrestati dopo il referendum di ottobre 2017, accompagnato da nuove proteste. Ed è in questo contesto che domani il Congresso dovrebbe votare la finanziaria 2019, sotto la minaccia di un boicottaggio da parte di destre e indipendentisti, senza i quali l'esecutivo Sanchez potrebbe non avere i numeri per andare avanti.

Il ministro delle Finanze Maria Jesus Montero ha lanciato oggi ai gruppi parlamentari un ultimo appello a non ostacolare il provvedimento, avvertendo però che il governo "non intende cedere ad alcun ricatto".

Nessun do ut des, insomma, che non sia nei binari della Costituzione: "Questo governo - ha detto - non ammetterà in nessuna circostanza che in nessun ordine del giorno figuri il diritto all'autodeterminazione per la Catalogna. Non possiamo, né vogliamo". "Tutto fa pensare che gli indipendentisti voteranno contro una Finanziaria buona per la Catalogna - ha detto la ministra ai deputati - e le destre contro una Finanziaria buona per la Spagna. Entrambi votano per respingere la conquista di diritti che la cittadinanza attende". "L'obbligo di un governo - ha proseguito - è che le cose vadano al meglio possibile, e un simile proposito è radicalmente incompatibile con il chiedere l'impossibile, come chiedere che si adottino misure o posizioni aliene alle nostre competenze costituzionali, o che si attenti alla divisione dei poteri o contro principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale".

La ministra ha ammesso che avrebbe preferito che il voto sulla Finanziaria non finisse per sovrapporsi all'apertura del processo ai dodici leader separatisti, ma il potere giudiziario va per la sua strada.

Le immagini degli imputati alla sbarra, molti dei quali già europarlamentari o comunque politici di lungo corso, accusati di ribellione, appropriazione indebita e disobbedienza per il loro ruolo nel referendum del 2017 hanno fatto il giro del mondo. Per loro si ipotizzano condanne dai 7 ai 25 anni di carcere, anche se i difensori hanno già contestato la competenza della Corte e sollevato diverse eccezioni gridando al processo politico e preannunciando un ricorso al Tribunale europeo per i diritti umani.

Ad infiammare le ragioni degli indipendentisti anche le parole del leader in esilio Carles Puidgemont che in una conferenza stampa a Berlino ha parlato del processo come di uno 'stress test' per la democrazia spagnola chiamando l'Europa a far sentire "una voce chiara" in difesa dei diritti umani a suo giudizio violati. (Ats)
 
 

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